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Imprenditore di Cepagatti arrestato per bancarotta

Ha condotto al fallimento 2 aziende con varie sedi nel pescarese

la redazione
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Un 55 di Cepagatti, B. G., è stato arrestato e posto ai domiciliari dalla Guardia di Finanza di Pescare per reati fallimentari.

L'uomo è accusato di essere a capo di un gruppo che ha condotto al fallimento due società operanti nel settore del recupero dei rifiuti non pericolosi, della installazione di impianti elettrici e della meccanica di precisione, con varie sedi operative nel pescarese.

Il quadro complessivo delle indagini ha evidenziato un preciso piano criminoso confermato anche dallo scientifico rapido susseguirsi delle sentenze dichiarative di fallimento delle società.

Il 55enne insieme ad altri 6 indagati, ha consapevolmente accumulato un ingente debito nei confronti dell’Erario per oltre 2,5 milioni di euro, omettendo sistematicamente il versamento delle imposte dirette e/o indirette, e poi ha veicolato le società di cui era a capo al fallimento, non prima di averle intestate a “teste di legno”, per il cui tramite ha continuato, di fatto, a gestirle.

Inoltre l'uomo avrebbe minacciato i dipendenti che, giustamente, chiedevano i loro stipendi.

La ricostruzione investigativa ha fatto emergere che, attraverso simulate operazioni di cessione di beni, in parallelo con la reiterata sottrazione delle scritture contabili, le società fallite sono state spogliate delle principali attività patrimoniali (rami di azienda ed immobili) in danno del ceto creditorio con uno stato passivo complessivo di oltre 3 milioni di euro.

Il provvedimento di custodia cautelare è stato emesso dal GIP presso il Tribunale di Pescara, cui era stato richiesto dalla locale Procura della Repubblica, alla conclusione di una complessa ed articolata attività investigativa, durata più di due anni.

Il modus operandi posto in essere dagli indagati si inquadra nell’ambito dei cd. "fallitori seriali", cioè soggetti che, scientemente, accumulano fortissimi debiti, in genere verso l’Erario, depauperandoinoltre le società della loro parte produttiva, avviando le stesse all’inevitabile deriva fallimentare, con al loro capo, in genere, dei prestanome.

La Guardia di Finanza è giusta a tale risultato attraverso la ricostruzione dei flussi finanziari e le connesse indagini bancarie e patrimoniali, oltre ad attività di perquisizione e sequestro di documentazione contabile ed amministrativa, che hanno fatto emergere condotte distrattive consistenti in simulate cessioni di interi complessi aziendali e beni immobili,poste in essere rispettivamente per un controvalore ampiamente sottovalutato a mezzo di perizia di professionisti compiacenti e simulate compensazioni di debiti/crediti inesistenti, grazie ai quali il pagamento per la gran parte non è di fatto mai avvenuto.

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