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Il Lunedì del Delfino

Addio a Bruno Pace, uno degli ultimi bohémien

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Sapevamo che ci sarebbe voluta tanta grinta e determinazione per sconfiggere l’undici di Colantuono e il Delfino ce l’ha messa tutta. Forse non esattamente quella dovuta e sperata, ma grazie allo splendido calcio di punizione di Gaston Brugman, è stata sufficiente per portare a casa tre punti fondamentali. Il clima, non dei migliori, tifoseria delusa, vento freddo in campo e una sorta di costante e velata malinconia per la morte di Bruno Pace in settimana (ne parleremo in chiusura), ha contribuito a rendere difficile e poco spettacolare la gara, soprattutto nel corso della seconda frazione di gioco. In ogni caso, vincere così, di solito consegna morale da vendere e tanta convinzione per il futuro, molto più di quanto non riesca a fare una goleada, piuttosto spiazzante e spesso poco veritiera. Zeman lo sa molto bene, dall’alto della sua enorme esperienza, che non lo vide festeggiare in maniera eclatante l’esordio di campionato con il Foggia o quello dello scorso anno, sempre cinque reti, contro il Genoa, quando sostituì Massimo Oddo. Riavvolgendo ancora la pellicola del tempo, ricordiamoci di come commentò esagerati i festeggiamenti per la promozione in serie A del 2012. Un giorno Pescara e molti suoi tifosi, rimpiangeranno di non aver apprezzato, nella sua interezza, le indubbie qualità di questo grande allenatore, probabilmente il migliore fra quelli che si sono succeduti sulla panchina biancazzurra. Non dimentichiamo per questo tutti gli altri, tanti, che hanno regalato successi a questa piazza, ma il boemo possiede una saggezza, non solo in termini calcistici, rara, diremmo unica nel suo genere. Godiamocelo finché possibile, non durerà in eterno.

Tornando alla gara di sabato scorso, doverosa è la citazione nei confronti di Andrew Gravillon. Il difensore centrale francese, originario di Guadalupe, è stato schierato fin dall’inizio, un po’ a sorpresa, al posto del veterano Hugo Campagnaro, riuscendo addirittura a guadagnarsi la menzione di migliore in campo, al triplice fischio finale. Ha dimostrato, innanzitutto, di possedere grandi doti d’intelligenza calcistica, riuscendo a trovarsi immediatamente a suo agio con gli schemi zemaniani, integrandosi perfettamente nel gioco di squadra, come se ne avesse condivisa la preparazione estiva. A ciò vanno aggiunte le potenzialità tecniche e fisiche, in prospettiva di ben altra categoria, piuttosto che di serie B. Un innesto di mercato finalmente positivo, che potrebbe (il condizionale è d’obbligo dopo soli novanta minuti) finalmente registrare la fin qui, claudicante e traballante difesa biancazzurra. Con Marco Perrotta, una volta perfezionati, com’è ovvio che sia, i meccanismi di gioco, comporrà di certo un’accoppiata centrale di alto livello. Una difesa più solida fornirà maggiore tranquillità al reparto nevralgico della squadra, il centrocampo, che da alcune settimane sembra stentare parecchio nell’assistere il trio offensivo, forse proprio perché preoccupato soprattutto di contenere, piuttosto che proporre.

Sabato prossimo ne avremo subito la controprova (auguriamoci non la smentita), con la prevista trasferta in terra ligure, avversaria la Virtus Entella, anch’essa trionfatrice nell’ultimo turno, grazie a un goal nel finale di gara, in quel di Terni. Grazie al supporto mentale di una classifica nettamente più tranquilla (sette punti avanti rispetto agli uomini allenati da Alfredo Aglietti), in caso di vittoria il Delfino potrebbe già riagganciare l’agognata zona play off, obiettivo minimo per il presidente Sebastiani.

Eccoci, infine, al triste ma doveroso tributo per Bruno Pace. Uno degli ultimi bohémien del mondo calcistico, capace di sacrificare, almeno parzialmente, le sue due carriere di giocatore prima e allenatore poi, all’altare di uno stile di vita che in qualche modo consegnano i personaggi come lui alla gloria eterna. Un pescarese non profeta in patria, poiché con la casacca biancazzurra, dopo le trafile giovanili, disputò solo dodici gare nella stagione 1961/62, contribuendo con anche una rete a quell’anonimo campionato di serie C, terminato al decimo posto. Strano, invece, che non ebbe mai occasione di allenarla, la compagine di casa. In tante occasioni, quando purtroppo capitava che il tecnico di turno fosse esonerato, erano parecchi che, a gran voce, ne richiedevano l’ingaggio, ma non se ne fece mai nulla. Forse la sua fama di esteta, ma al contempo poco incline al rispetto pedissequo delle regole, che lo accompagnava, a torto ne compromise le possibilità di dimostrare al mondo del calcio nostrano, quanto valesse. In realtà anche lui non fece mai molto per proporsi e quest’atteggiamento restio potrebbe spiegarsi anche con l’amore verso questa città, magari messo potenzialmente a rischio, nel caso di un fallimento. Amava troppo viverla Pescara, per azzardare di non poterci più passeggiare serenamente, magari perché contestato a seguito di un eventuale insuccesso calcistico. Lo abbiamo quindi sempre visto solo in tv a commentare le varie stagioni che si sono succedute, fra gli alti (pochi) e i bassi (troppi) che questa società proponeva al suo pubblico, quindi anche a lui. Non aveva peli sulla lingua, ma era sempre garbato, per quanto diretto e mai offensivo, per quanto non le mandasse a dire a chi, fra i suoi colleghi, non dimostrava di saper gestire le Rose a loro disposizione. A lui sarà probabilmente intitolato, come si sussurra, quel Poggio degli Ulivi che contribuì a far nascere e dove si occupò dello svezzamento di tanti potenziali talenti in erba, magari anche una via della città, ma queste iniziative serviranno per le future generazioni, mentre quelle attuali, comunque, non lo dimenticheranno mai, anche senza targhe a suo nome. Chissà se persino dal cielo (o dovunque lo immaginiate) riuscirà a dispensare i suoi sapienti consigli; magari le intuizioni tecniche che dimostrava, ora arriveranno comunque a destinazione, chissà …

 

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