Un grande "illusionista", che ha riempito la sua vita di tante cose inutili per colmare un terribile senso di vuoto, per provare a dire "io sono qualcuno, sono qualcosa". Cosi' il poeta e saggista Davide Rondoni ha descritto Gabriele d'Annunzio ieri davanti ad oltre quattrocento studenti delle scuole superiori riuniti a Pescara al teatro Massimo, provenienti da tutto l'Abruzzo.
L'incontro, dal titolo "D'Annunzio illusionista dell'io, una rilettura da poeta a poeta", e' stato promosso dall'associazione di insegnanti Diesse didattica e innovazione scolastica Abruzzo, presieduta dal professor Carlo Di Michele, per dare agli studenti una lettura originale di d'Annunzio proprio nella sua citta' natale, ma anche per presentare la tredicesima edizione dei Colloqui Fiorentini, il convegno nazionale che si svolgera' a Firenze dal 27 febbraio al 1° marzo 2014, dedicato quest'anno proprio alla figura del Vate a 150 dalla sua nascita.
Il colloquio pescarese e' stato condotto dal professor Vincenzo Narciso, membro del Direttivo di diesse Abruzzo e del Comitato didattico dei Colloqui Fiorentini.
"D'Annunzio - ha detto Rondoni agli studenti e ai tanti insegnanti che erano con loro - e' un esempio dell'uomo decadente, che parla di un io in crisi, cioe' della persona che ha perso il suo legame con il soffio di Dio, suo Creatore. Di fronte a questo senso di vuoto cantato dal Vate, o ci si pone come Pascoli, tremendamente impaurito dalla realta', o si riempie la vita con tutto, come fa d'Annunzio. Un esempio di questo riempimento ossessivo è il Vittoriale: un grande museo pieno di ogni cosa ma, di fatto, un luogo morto. In tutto d'Annunzio c'e' lo spasmo perpetuo di un'affermazione eccessiva tanto quanto il vuoto che deve coprire. L'inconsistenza dell'io, in d'Annunzio, diventa l'imbuto in cui ogni cosa precipita grazie all'incantevole sacerdote. Cosi' che il decadimento, il vuoto, la perdita dell'io sia sopportabile. Per questo in un crescendo fantastico e tremendo, e' necessaria la trasformazione dell'artista in personaggio che usa tutte le opportunita' mediatiche fino alla politica come gesto estetico. Il suo io tragico cercava la gioia: fece teatro del problema piu' vero della vita".