Giornate tristi, anzi tristissime, per il Delfino, da ieri orfano del suo Profeta per eccellenza, quel Giovanni Galeone il cui nome è risuonato allo Stadio Adriatico per decina di migliaia di volte.
Inevitabile, quest’oggi, iniziare da lui, l’uomo del destino, che quando arrivò la prima volta a Pescara, convinto di dover disputare un tranquillo, se possibile, campionato di serie C, si ritrovò, insieme ad una regione intera, di lì a qualche mese, proiettato addirittura in serie A. Ricordi indelebili per chi ha vissuto quel periodo aureo di una città che poteva contare su tante formazioni d’eccellenza, praticamente in tutti gli sport di squadra più importanti. Insieme a Gino Pilota, Amedeo Pomilio e tanti altri, Giovanni Galeone scoprì di essere pescarese nel suo DNA, senza saperlo. Inutile ricordare qui statistiche e vittorie biancazzurre, di cui sono pieni gli almanacchi e i social, ma è il rapporto umano, quasi filosofico, che lo ha legato per sempre a filo doppio con noi pescaresi, che qui vogliamo sottolineare. Il sodalizio Galeone/Pescara aprì un varco magico che ci condusse verso mondi calcistici fino ad allora solo sognati, seppure, che il tempo non potrà mai cancellare. Buon ultimo viaggio Gale, salutaci Mario Tontodonati, Vincenzo Zucchini e tutti gli altri biancazzurri per sempre.
Il 5-0 che il Palermo di Filippo Inzaghi ha rifilato sabato scorso al Delfino, se non fosse ben diverso il contesto, magari potrebbe ricordare le tante scoppole che pure Galeone a volte subiva, ma accadeva in serie A e magari si alternavano a prestazioni invece esaltanti. Ad oggi le uniche “esaltazioni” che ascoltiamo e vediamo sono sole le solite, quelle del presidente Sebastiani e non fanno più notizia per certi versi. Grazie alla consueta compiacenza del microfono amico senza contraddittorio, ha iniziato l’ormai arcinoto repertorio simil teatrale, dove le colpe sono di tutti, tranne che le sue, preparando la piazza all’ennesimo esonero di un allenatore, colpevole, come i tanti che lo hanno preceduto, di aver accettato la guida di una Rosa stracolma di giocatori acciaccati, sovrappeso, in prestito e, aggiungiamo, tutt’altro che ben assortita. Quando diamo del “colpevole” a Vivarini siamo seri, però, perché dopo tanti anni di mercati praticamente identici, ci vuole coraggio da vendere per venire ad allenare il Pescara, oppure stoltezza o, magari, megalomania.
Il calendario, impietoso e senza scrupoli, a seguire la gara casalinga contro l’Avellino, sciaguratamente pareggiata, ha proposto al Delfino, una dietro l’altra, le due candidate principali al salto di categoria: dopo il Palermo, infatti, domenica prossima, con fischio d’inizio alle ore 17:15, all’Adriatico scenderà il Monza. Un’altra sconfitta, ma forse basterà anche solo un pareggio, porterà all’inevitabile esonero di Vivarini, considerata anche la successiva pausa per le Nazionali.
Il ritorno in serie B, dopo quattro anni di purgatorio, sarebbe stato festeggiabile in pieno solo se seguito da un immediato cambio societario, lo avevamo scritto e lo confermiamo oggi con ancora maggiore impeto: nel bene (rarissimo) e nel male (spessissimo), con Sebastiani al potere assoluto i cuori biancazzurri hanno sofferto, soffrono e continueranno a soffrire, per buona pace dei suoi cantori senza arte né parte. Galeone, se ci sei, batti un colpo e facci sognare un’ultima volta, rendendo in qualche modo miracolosa anche questa stagione in corso. I modi sceglili pure tu! R.I.P.