Verratti e non solo: quando i calciatori diventano soci dei club

19/11/2025
Attualità
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Negli ultimi mesi Marco Verratti è tornato a far parlare di sé non solo per le sue scelte di carriera, ma per una decisione che lo riporta idealmente alle origini: l’acquisto di una quota significativa (il 50%) della società che controlla il Pescara, la squadra in cui è cresciuto e da cui ha spiccato il volo verso il grande calcio. Il centrocampista abruzzese, oggi impegnato in Qatar dopo i gloriosi anni al Paris Saint-Germain, ha infatti deciso di investire nel club biancazzurro, diventando socio e, di fatto, parte integrante del progetto societario. Un gesto che, più che una semplice operazione finanziaria, appare come un atto di riconoscenza verso la città e la squadra che lo hanno lanciato nel calcio professionistico.

Il ritorno di Verratti nel club che lo ha formato non ha però soltanto una valenza simbolica. In un momento storico in cui molte società di Serie B e Serie C lottano per la stabilità economica, la presenza di un socio con risorse e competenze internazionali può rappresentare un elemento di grande valore. La sua figura può contribuire a ridare identità e prospettiva al Pescara, una piazza da sempre appassionata ma che negli ultimi anni ha vissuto più ombre che luci. Il Pescara non sta attraversando però un periodo brillantissimo, tanto che è costantemente considerato sfavorito nei pronostici pre-match e nelle scommesse sportive live di questa stagione in Serie B, in cui aleggiano persino gli spettri della retrocessione in terza divisione. Una situazione complicata, che rende l’ingresso di Verratti un segnale di fiducia e, forse, di rinascita.

Per il centrocampista ex PSG, questo ritorno in biancazzurro è soprattutto un atto d’amore. Non si esclude che, in un futuro ancora indefinito, il centrocampista possa concludere la propria carriera proprio al Pescara, chiudendo un cerchio iniziato quasi vent’anni fa. Al momento, però, si tratta soltanto di un’ipotesi, non suffragata da indizi concreti. Resta l’immagine di un campione che, pur avendo vissuto il grande calcio europeo, non ha dimenticato le proprie radici e sceglie di investire nella squadra che lo ha visto nascere calcisticamente. Un segnale che racconta un’altra faccia del professionismo: quella che guarda al futuro senza rinnegare il passato.

Il caso di Verratti, tuttavia, non è isolato. Negli ultimi anni si sta affermando una tendenza sempre più evidente: quella dei calciatori che, ancora in attività o poco dopo il ritiro, decidono di entrare nella dirigenza o nella proprietà dei club, spesso quelli legati alla propria storia sportiva. Il calcio moderno non è più soltanto campo e pallone: è anche visione, strategia, e in certi casi ritorno alle radici.

Tra gli esempi più noti a livello internazionale spiccano figure come Gerard Piqué, che dopo aver lasciato il Barcellona ha investito in diversi progetti calcistici e sportivi, tra cui l’Andorra FC, oggi protagonista nelle categorie professionistiche spagnole. In Inghilterra, l’ex nazionale inglese David Beckham ha contribuito alla nascita dell’Inter Miami, club della Major League Soccer che rappresenta una delle realtà più ambiziose del calcio statunitense. Anche in Italia non mancano casi analoghi: Daniele De Rossi e Francesco Totti, sebbene con modalità differenti, hanno più volte manifestato interesse a rientrare nel mondo del pallone con ruoli societari o dirigenziali. Il primo è diventato il nuovo presidente dell’Ostia Mare nel gennaio 2025, club attualmente in Serie D ma dalle grandi ambizioni. Totti invece è per ora attivo solo nel ramo della consulenza sportiva grazie alla CT10 Management, che affianca i calciatori professionisti. 

Il legame tra calciatori e club di origine è spesso fatto di emozioni e ricordi nostalgici, ma anche di pragmatismo. Possedere una parte di una società calcistica può diventare un modo per influire sul futuro della propria città sportiva, per mettere a frutto esperienze accumulate in anni di carriera ad alto livello e per restituire qualcosa a un ambiente che ha dato tanto. In un calcio sempre più dominato da fondi di investimento e proprietà internazionali, la figura del “giocatore-socio” introduce un elemento di autenticità, capace di riportare il baricentro sul senso di appartenenza, proprio nell’epoca in cui sempre più spesso si parla di assenza di bandiere nel calcio moderno.

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