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Chi pagherà la bonifica di Bussi?

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Alla vigilia della sottoscrizione del tanto discusso accordo di programma che dovrebbe tenersi a inizio settimana prossimo, le associazioni ambientaliste chiedono a gran voce chi sarà a pagare la bonifica di Bussi.

 

Alla luce delle notizie che si sono rincorse negli ultimi giorni, il timore è che si stia andando verso una direzione che rischia di scaricare i costi veri della bonifica sui cittadini, contravvenendo al buon senso e alla direttiva comunitaria che istituisce un quadro di responsabilità ambientale basato sul principio “chi inquina paga” per prevenire e riparare i danni ambientali.

 

Le criticità erano state già sollevate a più riprese sulla validità del progetto di bonifica che, a parte il potenziale intervento sulla 2A e 2B non risolve il problema della discarica Tremonti e dell'area industriale che continuano ad inquinare. Neanche convince la mera “messa in sicurezza” ai fini della reindustralizzazione dell'area di proprietà di Solvay ed oggetto dell'accordo di programma.

 

Questo non significa essere contro l'azione la riconversione industriale e lo sviluppo economico produttivo dell'area in questione che noi ci auspichiamo vada nella direzione di insediamento di nuove industrie green ma su “come” questo sta avvenendo o dovrà avvenire.

 

Quello che Bussi aspetta da anni è innanzitutto un vero e serio progetto di bonifica totale delle aree inquinate e non le “tombature” ad oggi proposte. Nello stesso tempo, l'accordo di programma deve scongiurare ulteriori potenziali aggravi per il pubblico legati all'azione di bonifica, perché il danno causato da chi ha inquinato non può sempre essere scaricato sui cittadini, prassi ormai tutta italiana.

 

«In particolare si chiede al Ministero, Regione e Comune di Bussi – dichiarano le associazioni – di valutare con attenzione i contenuti dell'accordo in esame e di scongiurare azioni che possano ripercuotersi negativamente sul futuro di questo territorio già gravemente compromesso e di mettere a repentaglio il futuro delle nuove generazioni da eventuali costi scaricati sull'intera collettività. Se davvero si vuole discutere di una sana re-industrializzazione, bisogna anche rendere il percorso di questo accordo di programma trasparente e partecipato al fine meglio garantire l'interesse generale».

 

Una ipotesi, come da più parti ventilata, che preveda il trasferimento della proprietà delle aree inquinate in capo al comune di Bussi al fine di agevolare una potenziale re-industrializzazione, non solo è un'operazione insensata ma sicuramente è un operazione non necessaria. A pensar male, come qualcuno diceva, un'azione di questo tipo di fatto accollerebbe in capo alla collettività i costi di una potenziale futura bonifica e anche di realtà ad oggi non conosciute.

 

«Ci auguriamo - continuano le associazioni - che le Istituzioni pubbliche, interessate dal potenziale accordo, mettano in campo tutto il buon senso necessario e agiscano in funzione della tutela del bene comune e dell'interesse generale. Prima “del cosa”, è in discussione “il come”. Ci aspettiamo quindi che venga messa in campo la giusta attenzione, trasparenza e partecipazione che il problema richiede».

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