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"Seven 2: I sette vizi capitali" in mostra all'Aurum

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Venerdì 4 marzo alle ore 17,00 si è inaugurata all’Aurum di Pescara la mostra d’Arte contemporanea intitolata “Seven 2: I sette vizi capitali”. Un progetto, questo, patrocinato dal Comune di Pescara e da quello di Castel di Sangro, ideato e curato dall’artista Lino Alviani, che ha avuto come tappa iniziale l’esposizione nella Pinacoteca Patiniana di Castel di Sangro, svoltasi dal 19 dicembre 2015 al 14 febbraio 2016 ottenendo un ampio consenso di pubblico e di critica. Al vernissage della mostra all’Aurum, dov’è ora approdata, sono intervenuti, oltre al curatore Lino Alviani, l’assessore alla cultura del Comune di Pescara Giovanni Di Iacovo, Licio Di Biase direttore dell’Aurum e l’attrice Franca Minnucci, la quale ha declamato alcuni versi di Dante Alighieri attinenti all’argomento. Gli artisti partecipanti, e presenti nell’apposito catalogo, sono: Ileana Colazilli ed Emilio Patrizio (per l’avarizia), Ito Fukuschi e Mauro Rea (invidia), Anna Donati e Giancarlo Costanzo (ira), Patrizia Franchi e Carlo Alari (gola), Lea Contestabile, Monticelli e Pagone (accidia), Barbara Birindelli e Mario Costantini (superbia). Ospiti della manifestazione: Claudio Spinosa (poeta), Franco Pasqualone (comics), Ugo Assogna (scultore), Franco Coccopalmieri (orafo) e Lino Alviani (pittore). Sponsor dell’evento: Birra IRA del Birrificio Abruzzese di Castel di Sangro e “Cotto d’amore”, il vino cotto di Ezio di Montorio al Vomano.

Questi artisti, alcuni dei quali di rilevanza internazionale, hanno con le opere individuali interpretato i sette vizi capitali, che – come scrive Angelo Caruso, sindaco di Castel di Sangro, nella brochure realizzata ad hoc – “stanno sempre lì a ricordarci, nel bene e nel male, che sono parte integrante della nostra vita. Si tratta di un’ intelligente provocazione artistica basata sul numero Sette, che è considerato numero magico, esoterico, misterioso, sacro per eccellenza: sette sono, infatti, i colori dell’arcobaleno, le note musicali, i giorni della settimana, i chakra, le stelle dell’Orsa maggiore, le meraviglie del mondo antico, i sapienti dell’antica Grecia, le piaghe bibliche, i vizi capitali, le virtù, i sigilli dell’Apocalisse, le divinità mitologiche della cabala, i giri del buddista al monte Kailash, i giri del musulmano alla Kaaba, i celestiali attributi di Allah, i cieli del paradiso musulmano, le invocazioni del Paternoster, i re di Roma.

I vizi capitali, che hanno motivato i contenuti artistici di quest’evento, in realtà si possono ritrovare in ogni uomo e in ogni situazione di vita e di classe sociale, com’è stato ricordato dal primo cittadino innanzi citato. Essi sono, più precisamente, quelle inclinazioni profonde, morali e comportamentali, dell’anima umana che indicano “mancanza”, “difetto”, ma anche “abitudine deviata, storta, fuori dal retto sentiero” che distruggerebbero l’anima, contrapponendosi alle virtù, che invece ne promuovono la crescita. Sono ritenuti “capitali” perché i più gravi, i principali, riguardanti la profondità della natura umana.

Una descrizione dei vizi capitali comparve già in Aristotele, che li definì gli “abiti del male”. Al pari delle virtù, i vizi deriverebbero dalla ripetizione di azioni, che formano nel soggetto che le compie una sorta di “abito” che lo inclina in una certa direzione o “abitudine”. Ma essendo vizi, e non virtù, tali abitudini non promuovono la crescita interiore, nobile e spirituale, ma al contrario la distruggono. All’inizio del Cristianesimo, un’elencazione dei vizi fu tentata dai primi monaci (tra cui Evagrio, Pontico e Cassiano). Nella dottrina morale cattolica i vizi capitali, dai quali tutti i peccati traggono origine, sono le principali abitudini non ordinate verso il Bene Sommo, cioè Dio. In particolare, il peggiore dei sette vizi è la superbia, perché chi nutre tal sentimento tenderebbe a mettersi sullo stesso livello di Dio, a tributare a Dio minor considerazione di quella dovuta. Di superbia hanno peccato Lucifero, Adamo ed Eva. Nella Divina Commedia di Dante Alighieri i sette vizi capitali sono puniti nell’alto Inferno e purgati nelle sette cornici del Purgatorio; inoltre la lussuria, la superbia e la cupidigia vi sono descritte (canto I dell’Inferno) con le sembianze di bestie selvatiche, rispettivamente la lonza, il leone e la lupa, immaginate dal Sommo Poeta aggirarsi nella “selva oscura”.

Con questa mostra ci si è insomma addentrati - scrive Lino Alviani - in una sorta di viaggio polisensoriale, di somministrazione culturale che non vuol concedere nulla a processi alchemici d’arte, ma nel quale i lavori proposti scorrono combinando parole e immagini di parole, suoni e segni, linguaggi e metalinguaggi, cifre artistiche iconiche e aniconiche: il risultato del progetto è costituito dalla varietà delle interpretazioni e dalla scelta di un linguaggio che gli Artisti invitati hanno coraggiosamente affrontato e che è diventato poi punto di forza di una sorta di meccanismo in cui i minimi dettagli hanno avuto un ruolo fondamentale”.

La mostra proseguirà fino a domenica 13 marzo; visitabile dal lunedì al sabato dalle 10,00 alle 19,00 e la domenica dalle 16,00 alle 19,00.

 

 

 

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