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"Il Silenzio delle Anime" di Carmine Galiè al Mediamuseum di Pescara

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Si è inaugurata martedì 6 ottobre alle 17,30, presso la sala Acerbo del Mediamuseum di Pescara in piazza Alessandrini, la mostra personale d’Arte contemporanea di Carmine Galiè. Alla cerimonia inaugurale, oltre all’Artista, sono intervenuti il prof. Gianfranco Zazzeroni, direttore del Museo, che ha dato il saluto di benvenuto alla mostra dell’Artista nelle prestigiose sale del Mediamuseum, il prof. Massimo Pasqualone, noto critico d’arte in veste di curatore dell’evento e, infine, Roberto Di Giampaolo, in qualità di presidente dell’associazione culturale degli artisti abruzzesi “Lejo”, di cui Galiè è associato.

Carmine Galiè, giuliese di origine, svolge la professione medica presso il pronto soccorso di Giulianova, di cui è primario. Il suo cammino artistico, iniziato da giovanissimo, è culminato nell’arte informale, testimoniata dalle opere in mostra. Nel 1990, assieme ad altri artisti (Montebello, Iannucci, Celli), ha costituito il gruppo “Painting”. Nel 1998 inizia la sua collaborazione con Sandro Ettorre, che culmina in una serie di opere raggruppate sotto il titolo di “Collaborazioni”. Dal 2006, dopo la morte del collega Sandro Ettorre, inizia un personale cammino di rivisitazione e rielaborazione del suo pensiero artistico tuttora in corso, anche se talora condizionato dagli eventi della sua vita che si sono susseguiti, tra cui la malattia e la morte della sua amata Mimmi.

Il prof. Pasqualone suggerisce il titolo a questa mostra: “Il Silenzio delle Anime”. Questo perché, a detta del noto critico d’arte, l’Artista ha fatto “un percorso e un’indagine di tipo etico su alcune tematiche legate al dolore, alla sofferenza, alla religiosità, alla solitudine per una antologica che ripropone le sue opere dal 2004 sino ad oggi”. Una indagine “tra sogno e realtà”, dove la dimensione onirica è molto sviluppata e prevale rispetto a quella virtuale, con la capacità che solo il sogno ha di dire veramente quello che il giorno nasconde. E allora l’opera d’arte si fa investigazione, ricerca, abbraccio, ma anche vortice, onda, che rimandano ai corsi e ricorsi storici, alla ciclicità della vita e dell’esistenza. “Un’arte un po’ sognante, onirica” – dice Carmine Galiè ai miei microfoni – “in cui si inseriscono aspetti autobiografici, ma soprattutto sensazioni ed emozioni che si riversano sulla tela in forme e contrasti di colore del tutto particolari, in un linguaggio personale ed originale, che mira ad emozionare il fruitore delle opere”. E poi nell’Artista si riscontra un senso di libertà, se non di liberazione, avendo egli vissuto appieno gli anni della contestazione giovanile del ’68, dei “figli dei fiori”, della rivoluzione culturale e sessuale, che sicuramente hanno influenzato il suo percorso e la sua ricerca artistica. Insomma, una biografia esistenziale che si interseca con quella artistica in un continuo contatto con il dolore umano. Di qui la sua riflessione sul senso della vita, “con il cuore aperto alla sofferenza del mondo” – direbbe Ernesto Treccani. Ma in Galiè c’è anche l’aspetto della creaturalità dell’universo, in senso francescano, la gioia della vita, del sentirsi vivo, testimoniata dai suoi colori estremamente gioiosi, in cui la realtà vissuta sfocia nel sogno, nella spiritualità, nelle anime rappresentate come sospese in un tempo metafisico, dove anche la morte corporale viene accettata perché diventa sorella Morte – direbbe san Francesco d’Assisi. A differenza dell’eccesso di concettualità dell’arte moderna, Galiè di contro sembra prendere per mano l’osservatore delle sue opere e guidarlo, senza fingere, verso il mondo dei suoi colori, dei suoi simboli, dei suoi valori presenti nelle opere proposte in questa mostra, che rappresentano una piccola antologica delle sue sperimentazioni artistiche, in un cammino personale, quello della vita, dall’origine fino alla morte, appunto sorella Morte.

La mostra proseguirà fino al 20 ottobre e potrà essere visitata tutti i giorni feriali dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 17 alle 19.

 

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