Un ritratto a tutto tondo di Francesco Filomusi Guelfi, quello tracciato nel corso del convegno che si è tenuto stamane al Teatro Michetti di Tocco da Casauria. A raccontare la vita, l’opera e il legame con il paese natale del giurista, docente universitario e Senatore del Regno d’Italia, nato a Tocco da Casauria il 21 novembre 1842, sono intervenuti Giampiero Di Plinio, ordinario di Diritto pubblico all’università d’Annunzio di Pescara, Luciano D’Alfonso, ex sindaco di Pescara e presidente della Scuola di Regione, e Lorenzo Filomusi Guelfi, viticoltore abruzzese e discendente dell’illustre toccolano.
Partendo da un prezioso tomo del 1873 “L’enciclopedia giuridica”, il professor Di Plinio ha descritto all’attento uditorio il Francesco Filomusi Guelfi giurista, che è riuscito a superare la stagnazione del diritto nella seconda metà dell’Ottocento e a trasmettere un metodo scientifico che obbligava lo studioso di scienze giuridiche a muoversi in un labirinto culturale che va dalla filosofia, alla storia, all’economia.
D’Alfonso ha messo in luce l’aspetto più politico del celebre toccolano, senatore del Regno d’Italia e precettore di Vittorio Emanuele III, dallo sguardo lungo, proteso al futuro, che si occupò degli ultimi e delle donne in un’epoca in cui lo Stato sociale era un’utopia e che per l’Abruzzo parlò di regime delle acque e di collegamenti ferroviari, ipotizzando la direttrice Manoppello-Pescara per lo sviluppo economico della valle del fiume Pescara, a partire dalla sua amata Tocco Casauria, ma anche della necessità di creare alleanze, contatti fuori dalla regione.
E’ stato, infine, Lorenzo Filomusi Guelfi ad aprire il cassetto dei ricordi e degli aneddoti di famiglia raccontando l’uomo , sempre disponibile ad aprire la sua casa di Tocco da Casauria e a mettere a disposizione la sua conoscenza ai tanti studenti che arrivavano dall’università di Roma, dove insegnava, per le ripetizioni estive e ai compaesani che gli chiedevano di dirimere questioni legali. Un polemista, noto per il suo humor, una persona semplice, che sembrava, come lo descrivevano le cronache ottocentesche, “più un pittore di via Margutta che un professore universitario”.