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La fusione dei comuni di Castellamare Adriatico e Pescara

Il 2 gennaio del 1927 firmato il decreto che entrò in vigore il 12 gennaio

La redazione
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Oggi ricorre la data di fusione tra i comuni di Pescara e Castellamare Adriatico, che diedero poi vita all'attuale Pescara.

Il 2 gennaio 1927 - la firma del Decreto

Il 2 gennaio del 1927 la città di Pescara iniziò il suo corso con la firma, da parte del Re Vittorio Emanuele II, del Regio Decreto.

12 gennaio 1927 - il decreto entrò in vigore

Il successivo 11 gennaio avvenne la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e il giorno successivo, il 12 gennaio 1927, il Decreto entrò in vigore.

La storia

Nel 1807, al momento della nascita, Castellamare Adriatico contava circa 1.500 abitanti. La scelta della separazione fu conseguenza di una discordia storica tra le due sponde del fiume e rispondeva alla riforma amministrativa del Regno voluta da Giuseppe Bonaparte, che dopo la legge 132 dell'8 agosto 1806 "sulla divisione ed amministrazione delle province del Regno", con la successiva legge 211 del 18 ottobre 1806 ordinava la formazione dei decurionati e consigli provinciali e distrettuali e la sostituzione della figura del Camerlengo con quella del Sindaco.

La divisione fu problematica, soprattutto perché il nuovo comune di Castellamare Adriatico (sponda settentrionale del fiume) non intendeva farsi carico di nessuno dei debiti della vecchia amministrazione dell'universitas di Pescara; inoltre, si creò un problema di immagine per il comune di Pescara (sponda meridionale del fiume), che ospitava un'intera guarnigione dell'esercito e che, allo stesso tempo, si vedeva comprimere il proprio ruolo a livello locale: per questi motivi il comune di Pescara spingeva per la riunificazione dei due enti. Una comunicazione del Ministero dell'Interno del Regno del 17 gennaio 1810, negò tale possibilità e ciò costrinse i due comuni a trovare un accordo sulla ripartizione dei debiti (1811). Ma la rivalità rimase molto accesa, tanto che ci sono testimonianze di interventi della guarnigione militare per evitare la degenerazione delle scaramucce in vere e proprie battaglie.

L'economia del borgo non si sviluppò e rimase del tutto legata alla realtà rurale e campestre fino al il 16 maggio del 1863 quando, alla presenza del re Vittorio Emanuele II, fu inaugurata la stazione ferroviaria che fu, comunque, denominata ufficialmente "Stazione di Pescara", sulla linea adriatica.

Questo evento rappresentò un grande impulso per l'economica locale, sia per l'inizio di attività legate al commercio, sia per lo sviluppo del turismo, settore fondamentale per la vita economica di Castellamare Adriatico. In effetti, prima della costruzione della stazione, l'area del comune di Castellamare Adriatico era molto desolata e si sviluppava in buona parte lontano dalla linea ferroviaria, sui colli del villaggio. Nel giro di due decenni, però, la zona tra la stazione ed il mare prosperò e fu largamente edificata poiché i latifondisti teramani si avvidero delle possibilità di sviluppo ed acquistarono, a prezzi irrisori, le relative aree, facendo tracciare strade- a spese del comune- e cominciarono ad urbanizzare la zona.

Nel 1917, durante la prima guerra mondiale, Castellamare Adriatico subì un bombardamento aereo da parte di aeroplani dell’aeronautica austriaca, che tentavano di colpire la linea ferroviaria. Le vittime di tale tragico evento sono ricordate ancora oggi da una lapide, apposta presso l’attuale numero civico 253 di Corso Vittorio Emanuele II, a Pescara.

Nei decenni, le rivalità con i vicini della sponda meridionale del fiume si sopirono ed i politici locali capirono che era necessario fondere i due comuni per meglio valere da un punto di vista economico ed amministrativo. Il 2 gennaio del 1927 venne finalmente firmato il decreto di elevazione a Provincia della città di Pescara e tra i comuni da amministrare c'era anche quello di Castellamare. Al successivo articolo 4 del decreto si diceva, però, "il comune di Castellamare Adriatico è unito a quello di Pescara". A favore del provvedimento sono state decisive la forte spinta popolare e, soprattutto, l'autorità politica del ministro abruzzese Giacomo Acerbo e il prestigio morale di Gabriele D'annunzio.

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