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Da Scampia a Pescara. Don Aniello Manganiello: gli irrecuperabili non esistono

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“Gli ‘irrecuperabili’ non esistono, ed è questa la convinzione che ha mosso il mio impegno su Scampia, che ogni giorno mi spinge a lavorare per cambiare Napoli, come Borsellino voleva cambiare Palermo. Gesù vince sempre sulla camorra attraverso decine di storie di ‘convertiti’: c’è Davide, faceva il pusher a Milano e oggi è volontario in parrocchia, animatore della messa; c’è un ex boss del cartello di Secondigliano, che guidava una ventina di scagnozzi, e oggi è un onesto lavoratore; c’è Mario, ex tossicodipendente, oggi recuperato ed è capotreno sulla Vesuviana che collega Napoli a Sorrento. Sono storie vere, vissute sulla pelle, che raccontano che chiunque può uscire dal ‘giro’ della microcriminalità, basta volerlo”.

Lo ha detto Don Aniello Manganiello, il parroco di Scampia, che oggi ha incontrato gli studenti dell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ di Pescara e dell’Istituto Comprensivo Pescara 4 per presentare il suo volume ‘Gesù è più forte della Camorra’ nell’ambito del XXIII Premio nazionale ‘Paolo Borsellino’. Presenti la Dirigente dell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’, Alessandra Di Pietro, la Dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo Pescara 4 Daniela Morgione, il Presidente del Premio Letterario Parco Majella Antonio Di Marco e Daniela Puglisi, dell’Ufficio Scolastico Provinciale.

“L’incontro odierno – ha detto la dirigente Di Pietro aprendo i lavori della mattinata – è parte di un percorso di costruzione della cultura della legalità che è fatta di pensieri e di concetti elevati, che vanno sperimentati nel tempo attraverso il dialogo e il confronto con i testimoni della legalità, ovvero coloro che con la propria azione, con il proprio lavoro, quotidianamente combattono  una guerra difficile contro la sub-cultura dell’illegalità, superando gli interessi personali, l’indifferenza, la rassegnazione. Persone, uomini comuni, che non amano definirsi eroi e che ci dimostrano, con il proprio esempio di vita, che la camorra, la criminalità organizzata in tutte le sue forme, si possono combattere e sconfiggere, perché è possibile costruire una società ispirata ai valori di giustizia e integrità”. “Ed ecco allora – ha aggiunto la Dirigente Morgione - il valore più autentico della loro testimonianza, ovvero la trasmissione di valori etici e civili per aiutare i più giovani a scoprire il proprio ruolo di ‘cittadino’ nelle azioni quotidiane, il valore della partecipazione e del senso di appartenenza a una comunità alla cui crescita siamo tutti chiamati a contribuire sin dall’infanzia, perché il valore della legalità deve accompagnarci in ogni giorno della nostra vita”. Il Presidente del Premio Letterario Parco Majella Di Marco ha invece ricordato “l’importanza dell’impegno civile per tutelare il benessere delle comunità in cui viviamo: negli anni ’90, giovane amministratore, mi ritrovai a dover combattere contro la nascita di una discarica di rifiuti ad Abbateggio, una struttura che avrebbe danneggiato il nostro territorio e quelli vicini, come San Valentino. Ricordo le difficoltà del periodo, le pressioni a ogni livello affinchè scendesse il silenzio su quella vicenda, e invece noi non lo abbiamo permesso e, se da un lato abbiamo lottato contro quell’opera, dall’altro abbiamo iniziato un percorso di valorizzazione del territorio stesso”. Quindi la parola a Don Aniello Manganiello: “La paura, quando ti trovi a vivere, a operare in un quartiere come Scampia, è normale, io all’inizio non volevo accettare Scampia. Ma poi quel quartiere, con la sua gente, ti entra dentro. Il problema allora non è l’avere o meno paura delle minacce, ma è quello di soccombere alla paura. Io l’ho avuta, ma ho deciso di reagire, o non sarei rimasto 16 anni a Scampia. Piuttosto ho sofferto la solitudine in cui spesso mi sono ritrovato, l’essere lasciato solo. Quando nel 2008 ho partecipato al servizio de le Iene, ho portato Giulio Golia nei luoghi dello spaccio, gli ho indicato chi erano le ‘sentinelle’, i ‘pali’, i codici usati per vendere la droga, e poi l’ho portato nel mercato dove io dicevo che i commercianti erano costretti a pagare il pizzo, e gli stessi commercianti lo negavano, lì sono arrivate le minacce di un clan, che mi minacciava perché io stavo danneggiando i loro guadagni, perché lo stavo denunciando dinanzi a una telecamera. Il giorno dopo la messa in onda del servizio mi è arrivata la telefonata dal vertice della Curia napoletana, dal Cardinal Sepe, che mi rimproverava per quella intervista, quindi invece di sostenermi mi rimproverava, e anche gli altri parroci della mia comunità non hanno speso una parola per sostenermi. E allora il ritrovarsi da solo, l’essere rimproverato anziché incoraggiato, è stato pesante e desolante. La mia esperienza, la mia fede nel Vangelo, la mia convinzione, mi hanno poi spinto avanti, convincendomi, attraverso le storie personali incontrate, che gli ‘irrecuperabili’ non esistono. Scampia è un quartiere di 80mila abitanti, gente napoletana doc, che però non riescono a fare il salto di qualità: hanno una cura maniacale per la propria casa, ma non riescono a curare ciò che è di tutti, l’ambiente esterno. E poi il ruolo delle Istituzioni: la politica che non ha i piedi per terra diventa solo retorica, ma non possiamo fare a meno delle Istituzioni, della stessa politica. Paolo VI affermava che la politica è la forma più alta di carità cristiana, noi dobbiamo pretendere impegno da chi ci governa, ma non possiamo limitarci a denunciare, piuttosto dobbiamo fare ciascuno la nostra parte – ha ribadito Don Aniello parlando ai ragazzi -. Quando vedo che negli anni ’80 chi si impegnava nel volontariato era il 60 per cento dei giovani, e oggi appena il 4 per cento, vuol dire che dobbiamo farci un esame di coscienza”. Sul rapporto anomalo dei camorristi nei confronti della chiesa, Don Aniello ha poi aggiunto “la loro è una religione pagana, una religione dell’immagine, e un modo per tranquillizzare la propria coscienza e avere una sorta di dimensione esorcistica del male che sentono dentro, una protezione da chi come avversario può fare loro del male. Ma loro rifiutano la vera parola di Cristo: nel libro parlo di Ciro, un boss, al quale avevo proposto un percorso di conoscenza del Vangelo dinanzi al quale si è tirato indietro con la complicità di qualche altro parroco che ha vanificato i miei sforzi. La loro religiosità si manifesta sponsorizzando le feste di piazza con qualche concerto neomelodico per procacciarsi la benevolenza e il gradimento della gente”.

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