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17 Maggio 2019: Sciopero della scuola contro la "regionalizzazione dell'istruzione"

Iniziativa pubblica di COALIZIONE CIVICA per PESCARA sui servizi scolastici municipali, regionalizzazione dell'istruzione e autonomia scolastica

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«Welfare costituzionale a Pescara

Servizi scolastici municipali e regionalizzazione dell'istruzione»

Incontro con la cittadinanza e la stampa di Stefano Civitarese ed il candidato Consigliere Giovanni Dursi

sulla parte del programma relativa alla scuola e Università

Coalizione Civica per Pescara

Civitarese Sindaco

Venerdì 17 Maggio alle ore 16:30, presso la S.S.I.T. Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori di Pescara (piazza Duca d' Aosta,34 - 65121), il candidato Sindaco Stefano Civitarese incontra i cittadini interessati e gli operatori dell'informazione per presentare alcuni punti del programma relativi ai servizi scolastici e approfondire il tema della “regionalizzazione dell'istruzione” motivando la contrarietà.

Contestualmente, a sostegno di Civitarese Sindaco, sarà presentata ufficialmente la candidatura di Giovanni Dursi a Consigliere comunale. Abruzzese, 62 anni, Docente M.I.U.R. di Filosofia e Scienze umane presso il Liceo statale G. Marconi di Pescara. Dursi si occupa professionalmente di management della formazione nella knowledge society, di “comunicazione pubblica” (rif. Legge n° 150/2000) e del Piano nazionale Scuola digitale. Precedentemente, ha insegnato a Bologna dove si è anche perfezionato e specializzato conseguendo, tra l'altro, idoneità al Dottorato di ricerca in Pedagogia, attestazioni di alta formazione universitaria, Master di secondo livello. Attualmente, è Delegato del Dirigente scolastico come Responsabile unico di procedimento Progetti Fondi Strutturali Europei P. O. N. 2014 / 2020 e all'implementazione didattica del Piano triennale dell'Offerta formativa d'Istituto con l'Agenda O.N.U. 2030.

La cittadinanza è vivamente invitata a partecipare e a contribuire al dibattito che seguirà.

REGIONALIZZAZIONE DELL’ISTRUZIONE E AUTONOMIA SCOLASTICA

Con referendum consultivo i cittadini di Veneto e Lombardia hanno detto sì all’autonomia. Ora è in itinere il processo legislativo che dovrà definire come applicarla.

Il Veneto ha chiesto addirittura 23 nuove materie di competenza, fra queste c’è l’istruzione. La proposta veneta è praticamente pronta, quella lombarda non ancora e comunque tutto dovrà passare dal Parlamento.

Entrambe le Regioni hanno come modello di “regionalizzazione” dell’istruzione la provincia autonoma di Trento, il cui sistema scolastico è indipendente da quello nazionale.

È bene ricordare in premessa che secondo il nuovo Titolo V della Costituzione (2001) lo Stato non è più il datore di lavoro, poiché in materia di istruzione ad esso competono solo le “norme generali” “ i “livelli essenziali delle prestazioni” e i “principi fondamentali. Nonostante ciò, finora sono falliti tutti i tentativi di dare attuazione alla decentralizzazione della gestione dell’istruzione, in primo luogo a causa della questione docente.

Ora le cose potrebbero cambiare e l’opposizione attenuarsi. Al Nord, infatti, il problema degli insegnanti sta diventando molto pesante per la difficoltà crescenti a coprire le cattedre. È quindi probabile che le resistenze alla regionalizzazione del personale potranno essere superate se, come pare voglia fare il Veneto, gli stipendi saranno alzati, come è a Trento e a Bolzano.

È evidente che la decentralizzazione della gestione comporterà che i concorsi sia per i docenti che per i dirigenti scolastici siano regionali, così come in Trentino sono provinciali.

Sarà inoltre inevitabile agire sui trasferimenti, quantomeno ponendo limitazioni.

Il passaggio degli USR alla Regione

È evidente che in una tale situazione gli Uffici Scolastici Regionali, USR, che sono emanazione del MIUR, dovranno essere assorbiti dalla Regione.

Alcuni hanno da tempo sostenuto la causa della decentralizzazione dell’istruzione. E di fronte alle difficoltà a trovare intese nazionali per tutte le Regioni, si è dichiarata in favore anche di forme differenziate nei tempi.

Questa scelta di campo deriva da un’analisi obiettiva della situazione, che dimostra come il centralismo non abbia garantito nazionalmente né qualità né equità dell’istruzione (e pertanto, verosimilmente, il miglioramento passerà solo attraverso il superamento dell’asfissiante gestione centralistico-burocratica del MIUR).

La scommessa, ora, è fare convivere bene decentralizzazione regionale e autonomia scolastica. Va cioè perseguito un giusto, ma non scontato, equilibrio fra autonomia degli Istituti e maggiori poteri regionali. Un equilibrio in grado di garantire da un lato condizioni alle scuole per un effettivo miglioramento degli apprendimenti e dall’altro strumenti a livello territoriale per una maggiore equità del sistema. L'azione di liberazione dalle pastoie burocratiche quelle scuole che hanno volontà e competenze per auto-organizzarsi e realizzare quelle forme audaci di autonomia che il DPR 275 aveva lanciato nel lontano 1999 e che il centralismo ha ucciso sul nascere, non vuol significare liquidare il sistema nazionale d'istruzione (un arlecchino servitore di diversi padroni …) e creare le condizioni di diseguali occasioni di apprendimento per gli studenti, quindi di discriminazione ed iniquità sostanziali.

Alcuni sindacati della scuola e il mondo dell’associazionismo, hanno redatto un Appello hanno espresso (Febbraio 2019) il loro più netto dissenso riguardo alla richiesta di ulteriori e particolari forme di autonomia in materia di istruzione avanzata dalle Regioni Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, a cui sono seguite quelle di altre regioni. Si tratta di un’ipotesi che pregiudica la tenuta unitaria del sistema nazionale in un contesto nel quale già esistono forti squilibri fra aree territoriali e regionali. I diritti dello stato sociale, sanciti nella Costituzione in materia di sanità, istruzione, lavoro, ambiente, salute, assistenza vanno garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. È un appello alla mobilitazione rivolto al mondo della scuola e alla società civile per fermare un disegno politico disgregatore dell’unità e della coesione sociale del Paese. L'appello sarà oggetto di discussione in tutti i luoghi di lavoro e si definiranno anche modalità di raccolta delle adesioni per quanti, singoli o associazioni, intendessero sottoscriverlo.

Contro la regionalizzazione del sistema di istruzione

Come è noto, le Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto hanno, tra l’altro, chiesto al Governo forme ulteriori e condizioni specifiche di autonomia in materia di istruzione e formazione.
L’obiettivo è quello di regionalizzare la scuola e l’intero sistema formativo tramite una vera e propria “secessione” delle Regioni più ricche, che porterà a un sistema scolastico con investimenti e qualità legati alla ricchezza del territorio. Si avranno, come conseguenza immediata, inquadramenti contrattuali del personale su base regionale; salari, forme di reclutamento e sistemi di valutazione disuguali; livelli ancor più differenziati di Welfare studentesco e percorsi educativi diversificati. Di fatto viene meno il ruolo dello Stato come garante di unità nazionale, solidarietà e perequazione tra le diverse aree del Paese; ne consegue una forte diversificazione nella concreta esigibilità di diritti fondamentali.
La proposta avanzata dalle Regioni si basa sulle previsioni contenute nell’art. 116 della Costituzione, modificato dalla riforma del Titolo V approvata nel 2001, che consente a ciascuna Regione ordinaria di negoziare particolari e specifiche condizioni di autonomia. Fino ad oggi quelle disposizioni non erano mai state applicate, essendo peraltro già riconosciute alle Regioni potestà legislativa regionale esclusiva e concorrente in molte materie; ora invece, nelle richieste avanzate da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, gli effetti dell'autonomia regionale ulteriormente rinforzata investono l’intero sistema dell’istruzione con conseguenze gravissime. Vengono meno principi supremi della Costituzione racchiusi nei valori inderogabili e non negoziabili contenuti nella prima parte della Carta costituzionale, che impegnano lo Stato ad assicurare un pari livello di formazione scolastica e di istruzione a tutti, con particolare attenzione alle aree territoriali con minori risorse disponibili e alle persone in condizioni di svantaggio economico e sociale.

La scuola non è un semplice servizio, ma una funzione primaria garantita dallo Stato a tutti i cittadini italiani, quali che siano la regione in cui risiedono, il loro reddito, la loro identità culturale e religiosa. L’unitarietà culturale e politica del sistema di istruzione e ricerca è condizione irrinunciabile per garantire uguaglianza di opportunità alle nuove generazioni nell’accesso alla cultura, all’istruzione e alla formazione fino ai suoi più alti livelli.

Forte è la preoccupazione che l’intero percorso venga gestito con modalità che non consentono un'approfondita discussione di merito, dal momento che le Camere potrebbero essere chiamate non a discutere e a valutare, ma unicamente a pronunciarsi su ciò che le Regioni richiedenti e il Governo avranno precedentemente sottoscritto; tutto ciò con vincoli giuridici decennali.
Con l’introduzione dell’autonomia differenziata, che destruttura il modello configurato dalla Costituzione repubblicana, si portano a compimento scelte politiche che più volte negli ultimi anni hanno indebolito le condizioni di vita delle persone e della società.

A nulla valgono le rassicurazioni circa il fatto che alcune Regioni richiedenti non avrebbero in termini finanziari niente di più di quello che oggi spende lo Stato per i servizi trasferiti. Quelle Regioni insistono in realtà nel voler stabilire i trasferimenti di risorse sulla base della riduzione del cosiddetto “residuo fiscale”, cioè la differenza fra gettito fiscale complessivo dei contribuenti di una regione e restituzione in termini di spesa per i servizi pubblici.

Sarà quindi inevitabile l'aumento del divario tra Nord e Sud e tra i settori più deboli e indifesi della società e quelli più abbienti. In tale contesto, dunque, una scuola organizzata a livello regionale sulla base di specifiche disponibilità economiche, rappresenta una netta smentita di quanto sancito dagli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione a fondamento del principio di uguaglianza, cardine della nostra democrazia, e lede gravemente altri principi come quello della libertà di insegnamento.

La scuola della Repubblica, garante del pluralismo culturale e preposta a rimuovere ogni ostacolo economico e sociale è, e deve essere, a carico della fiscalità generale nazionale, semplicemente perché esprime e soddisfa l’interesse generale.

Un Paese che voglia innalzare il proprio livello d'istruzione generale deve unificare, anziché separare: unificare i percorsi didattici, soprattutto nella scuola dell’obbligo; garantire, incrementandola, l’offerta educativa e formativa e le possibilità di accesso all’istruzione fino ai suoi livelli più elevati; assicurare la qualità e la quantità dell'offerta di istruzione e formazione in tutto il Paese, senza distinzioni e gerarchie.

Regionalizzare la scuola e il sistema educativo e formativo significa prefigurare istituti e studenti di serie A e di serie B a seconda delle risorse del territorio; ignorare il principio delle pari opportunità culturali e sociali e sostituirlo con quello delle impari opportunità economiche; disarticolare il CCNL attraverso sperequazioni inaccettabili negli stipendi e negli orari dei lavoratori della scuola che operano nella stessa tipologia di istituzione scolastica, nelle condizioni di formazione e reclutamento dei docenti, nei sistemi di valutazione, trasformati in sistemi di controllo; subordinare l’organizzazione scolastica alle scelte politiche - prima ancora che economiche - di ogni singolo Consiglio regionale; condizionare localmente gli organi collegiali. Significa in sostanza frantumare il sistema educativo e formativo nazionale e la cultura stessa del Paese. Questa frammentazione sarà foriera di una disgregazione culturale e sociale che il nostro Paese non potrebbe assolutamente tollerare, pena la disarticolazione di un tessuto già fragile, fin troppo segnato da storie ed esperienze non di rado contrastanti e divisive.
Per questo lanciamo il nostro appello ad un generale e forte impegno civile e culturale, affinché si fermi il pericoloso processo intrapreso e si avvii immediatamente una confronto con tutti i soggetti istituzionali e sociali.

L'accordo firmato dal governo e dai sindacati Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda è un insieme di generiche e inconsistenti promesse elettorali che in nessun modo possono essere accolte come inversione di rotta rispetto al progetto di autonomia differenziata delle regioni che al contrario procede purtroppo a gonfie vele.

Nel prossimo futuro dalla frammentazione del sistema scolastico che seguirà alla regionalizzazione e sulla base delle proposte e delle sperimentazioni già in corso, possiamo aspettarci:

  • Aumento delle ore di lavoro

  • Ostacoli nei trasferimenti interprovinciali

  • Programmi scolastici regionali

  • Controllo dei governatori regionali sulla scuola

  • Ingerenze delle imprese locali e dei genitori sulla vita scolastica

  • La più totale incertezza sulle assunzioni dei precari

Ribadiamo innanzitutto la necessità e l'urgenza di contrastare con ben altra determinazione la frammentazione del sistema scolastico nazionale che mina i fondamenti stessi dell'unità della Repubblica.

Se si è davvero contro la regionalizzazione, l'unica richiesta decisiva è quella di far uscire almeno l'istruzione dalla proposta di legge sull'"autonomia differenziata".

Per il rinnovo contrattuale, non c’è ancora nessuna risorsa stanziata. Il governo “auspica” di trovare risorse per la finanziaria del 2020!!! Dichiarazioni prevedibili e quasi scontate per scongiurare lo sciopero alla vigilia delle elezioni.

Nessuna posizione chiara e vincolante neppure sulla stabilizzazione dei precari né sulla carenza di organico degli ATA.

Di fronte ai pericoli della strada intrapresa, la mobilitazione dei cittadini (genitori, studenti, docenti, personale A.T.A.), a partire dal mondo della scuola, dovrà aprire un grande dibattito in Parlamento e nel Paese, che coinvolga i soggetti di rappresentanza politica e sociale e tutti i cittadini, come si richiede per una materia di tale importanza per la vita delle persone e dell’intera comunità nazionale.

Contrastare la regionalizzazione dell’istruzione in difesa del principio supremo dell’uguaglianza e dell’unità della Repubblica è un compito primario di tutte le forze politiche, sindacali e associative che rendono vivo e vitale il tessuto democratico del Paese.

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