Si è concluso ieri sera a Palazzetto Albanese il vernissage Vita Activa. Figure del lavoro nell’arte contemporanea, curato dal Dott. Simone Ciglia per il network “Arte in Centro; cultura contemporanea nei borghi e nelle città”.
La mostra, promossa dalla Fondazione Aria, ha voluto affrontare la tematica del lavoro dando voce alla produzione artistica più recente e facendo interagire le arti visive con la pittura, la scultura, la fotografia e la cinematografia. Di pregevole rilievo sono state le opere esposte degli autori internazionali Joseph Beuys, Cao Fei, Harun Farocki, Liam Gillick, Armin Linke, Bruno Munari, Teofilo Patini, Paride Petrei, Santiago Sierra e degli emergenti artisti abruzzesi Gianfranco Baruchello e Matteo Fato.
Filo conduttore della rassegna è stato il testo della filosofa tedesca Hannah Arendt, The Human Condition (1958), in cui si distinguono due accezioni del lavoro: quella legata allo sviluppo biologico dell’essere umano - icasticamente riassunta nell'espressione animal laborans - e quella propria dell'homo faber, creatore del mondo artificiale dei manufatti.
L’originale taglio comunicativo utilizzato nella mostra è rimasto vivo ed inalterato fino alla sua conclusione. Ieri sera, infatti, il Dott. Ciglia ha salutato i visitatori con la proiezione del documentario Apocalisse nel deserto, di Werner Herzog del 1992, per esaltare la potenza comunicativa della cinematografia e la durezza del lavoro svolto dalla troupe e dagli uomini kuwaitiani.
Ad introdurre l’opera cinematografica di Herzog sono intervenuti il Prof. Pierlugi Consoli ed il Prof. Giovanni Benedicenti, affiancati per una lettura critica della colonna sonora dal musicologo Alfredo Bruno.
Le immagini del regista tedesco hanno documentato la situazione del Kuwait subito dopo la fine della Prima Guerra del Golfo. In tredici brevi capitoli Herzog ha raccontato le tracce, le ferite e le vicende della guerra, affidando ad una steadycam le riprese delle esplosioni dei pozzi petroliferi, lo struggente tentativo degli uomini di domarne le fiamme e le avviluppanti colate di oro nero, nonché l’afasia della popolazione inerme davanti a tale visione apocalittica.
Hanno accompagnato le sequenze di Herzog le musiche di Grieg Mahler, Part Prokof’ev, Schubert e Verdi, di cui il musicologo Alfredo Bruno, ne ha dato un’attenta lettura e spiegazione, addentrandosi nel territorio del mito, della rievocazione e della potenza musicale che richiama l’inconscio.
Così come il registra tedesco ha lasciato al pubblico la libertà di interpretare le immagini e di dargli un valore soggettivo, così ha fatto la mostra Vita Activa. Figure del lavoro nell’arte contemporanea fornendoci un’angolatura della nostra realtà contemporanea del lavoro.