Questo è stato il tema della degustazione verticale delle preziose etichette della casa Marchesi de’ Cordano, l’azienda vitivinicola che dell’Abruzzo ha fatto terra di studio e approfondimento per approdare al grande racconto di una terra madre di vino
A presiedere l’evento, sono stati il produttore Francesco D’Onofrio, l’enologo Vittorio Festa, il Brand Ambassador Andrea Mariani e il sommelier FIS Paolo Lauciani. Una squadra che all’unisono ha proiettato i numerosi presenti in un altrove lontano nel tempo: un tuffo nel passato che nella verticale ha significato scoperta e conferma dell’ottimo lavoro svolto fin dalle origini di questa azienda.
Dal 2000 al 2013, il Montepulciano d’Abruzzo che Marchesi de’Cordano ha presentato, ha rivelato le sue più sottili e inaspettate anime. Elemento imprescindibile di questa cura è sicuramente data dal fatto che, come ha raccontato Vittorio Festa, “la qualità deve partire dalla vigna, è un percorso necessario quanto antico, è l’uva di qualità a determinare la qualità del vino futuro”. A conferma di questo valore sono state le parole del produttore Francesco D’Onofrio: “selezionare uve perfette in vigna è il primo passo per rendere la natura gestibile, l’artificio viene solo successivamente”. A sintetizzare la filosofia della cantina è stato Andrea Mariani affermando che:
“La vera naturalità del vino è qui pienamente toccata”.
Stappare 20 anni di storia è stato per Marchesi de’Cordano un salto un po’ alla ceca e un po’ pericoloso, sicuramente tanto coraggioso. E il coraggio è stato pienamente premiato: Paolo Lauciani ha guidato la degustazione soffermandosi ogni volta, in ogni calice sullo stupore che quel montepulciano d’Abruzzo ha rivelato. La capacità di Marchesi de’ Cordano è stata quella di tirare fuori nel suo di montepulciano d’Abruzzo le differenze e le aspettative senza essere travolti da ciò che vogliono gli altri. La cura in vendemmia che mette l’azienda riesce a domare la bestia rustica che può diventare questo vitigno.
All’assaggio di ogni annata l’emozione di Francesco D’Onofrio è stata manifestata:
“il vino -ha affermato- fa riflettere e questo percorso racconta la storia e la cultura di quello che è, che ci è successo”. I suoi vini restano vini di grande eleganza. Si sente in queste annate, anche in quelle peggiori, “l’evoluzione, la lavorazione -conclude Mariani- lo studio e l’innovazione che permettono a questa azienda di dare risultati eccellenti”.
Una nota diversa ma degna di citazione è stato il primo sorso: Diamine 2007. Un pecorino che di quell’annata difficile ne ha fatto longevità: un vino che nonostante i suoi 13 anni conserva ancora generosità nell’impatto olfattivo che resta vivace e nella freschezza e sapidità a cui fa riscontro in bocca una certa polposità che significa grande equilibrio.