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Di Biase: "Stiamo assistendo alla desertificazione di Pescara"

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Da un paio di anni stiamo assistendo alla desertificazione della città di Pescara. E’ un grido d’allarme che abbiamo lanciato da tempo e che oggi appare con la sua gravità sotto gli occhi di tutti. Pescara chiude. E questa emergenza non viene recepita da una classe politica debole e sorda.

- Pescara soffre la mancanza di luoghi dedicati allo studio. La biblioteca provinciale, infatti, è ormai chiusa da un anno e mezzo, mentre l’altra importante biblioteca della città, la “F. Di Giampaolo”, precedentemente collocata in pieno centro e quindi facilmente raggiungibile, dopo un lungo periodo di chiusura è stata spostata in un posto anonimo come Via Tiburtina, confondendosi tra i complessi commerciali.

- E se leggere, fare ricerca e crescere culturalmente viene reso difficile ai pescaresi, a rallentare il loro sviluppo commerciale è anche la gravosa vicenda che riguarda il porto, chiuso da due anni. Una annosa questione che finisce per negare l’identità marinara e mercantile del capoluogo adriatico e che, nonostante le ripetute richieste da parte dei pescatori e degli stessi pescaresi di risolvere la situazione, ora parte con grave e colpevole ritardo il dragaggio, ma due anni di chiusura del Porto pesano sull’economia locale e sulle famiglie le cui attività ruotano intorno a questo settore dell’economia locale.

- Non solo, a breve un’altra porta si aprirà al declino, infatti, dalla notte del primo maggio, la stazione ferroviaria di Pescara, la più grande d’Abruzzo e importante snodo della dorsale adriatica, resterà chiusa per 3 o 4 ore la notte, tempo in cui nessun treno vi farà fermate. Un primo segnale, questo, di isolamento della città, declassandola ad una città provinciale e di poca importanza. E questo, ironia della sorte, nel 150° anniversario dell’inaugurazione della Stazione Ferroviaria oggi, Pescara Centrale a quel tempo (17 maggio 1863) Castellamare Adriatico.

I treni, infatti, di notte, per lunghi periodi non sostano più a Pescara. E pensare che quando la Stazione fu realizzata era una delle più importanti ed evolute d’Europa.

- E ora apprendiamo che anche Bankitalia chiude. Su questo avvenimento non c’è più la forza di fare commenti.

Ma un ulteriore, disperato grido d’allarme lo facciamo.

- A breve si riprenderà il discorso dalla fusione delle Province. Siamo certi che se non ci sarà una mobilitazione delle coscienze civiche e libere, Pescara scomparirà anche dalle mappe topografiche, altro che rilancio economico attraverso la valorizzazione delle risorse locali. Pescara scomparirà.

Sono trent’anni che, in varie stagioni e con vari ruoli, ho partecipato alla vita amministrativa della città. Mai una disattenzione, un disinteresse e una incapacità di così “alto profilo” hanno caratterizzato Pescara. E in questo scenario, ciò che sembra più raccapricciante, è proprio il ruolo di una classe politica arenata, incapace e cieca di vedere la gravità di ciò che a Pescara sta accadendo, diventando complice del degrado culturale, civile ed economico, valori che il territorio nel corso dei secoli si è faticosamente guadagnato.

Pescara vuole tornare a vivere! Questa è la speranza che sembra echeggiare tra le sue strade, dai luoghi in cui storicamente si respirava cultura, dagli archivi delle biblioteche lasciati in abbandono e dai quei posti, come il porto e la stazione, da cui si levavano i primi vagiti di progresso che hanno reso per lungo tempo una città ricca. Oggi, ci sembra di essere la periferia sperduta dell’impero.

Occorre agire in fretta e voltare pagina. Le forze politiche che hanno responsabilità di governo e peso politico devono farsi interprete di questo profondo stato di disagio.

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