Lunedì 16 maggio alle ore 17,30 presso il Mediamuseum di Pescara è stato presentato il romanzo di Giancarlo Giuliani "Nemesis. Una storia del tempo antico" edito da Tabula Fati. Con l'autore e l'editore Marco Solfanelli ne hanno parlato Giovanni D'Alessandro e Marco Presutti. L'incontro è stato organizzato dalla Fondazione Edoardo Tiboni per la cultura con il Centro nazionale di Studi Dannunziani e l'Istituto nazionale di Studi crociani.
"Colpisce nella narrativa di Giancarlo Giuliani – scrive Giovanni D'Alessandro nella sua presentazione del libro – quando ambientata nella classicità , la capacità di ricreare personaggi, luoghi, eventi, atmosfere e in sintesi tutto un mondo, risalente (...) a quasi duemila anni fa, rianimandolo agli occhi di chi legge come se le vite dei personaggi non si fossero mai spente, come se continuassero, in una dimensione metaspaziale e metatemporale, ad essere presenti in una realtà parallela, cui l'Autore ha accesso". E questo perché Giuliani, docente di Italiano e Latino nelle scuole superiori, padroneggia la classicità latina e greca, conosce bene la storiografia greco-romana. Quindi, in una sorta di abile connubio tra storia e inventiva, scrive questo romanzo storico, "Nimesis" appunto, avendo già alle spalle decenni di quotidiana frequentazione della cultura classica, per cui cala la sua "fiction" narrativa in un contesto di cui conosce bene tanti aspetti.
Perché il contesto qui è quello di una città reale, Afrodisia di Caria (l'odierna Turchia), nel III secolo d. C.: città totalmente ellenizzata così come tutto il Mediterraneo con buona pace di Roma che lo aveva assoggettato per parti progressive già da secoli. E questo avvenne con le conquiste alessandrine e con la creazione di regni e partizioni in tutto il Mediterraneo che, però, continuava ad essere sempre più greco che romano. Questo per il processo di ellenizzazione determinato dalle conquiste di Alessandro Magno su tutta l'area mediterranea, fino ad Antiochia e Nicomedia in Asia minore. Ed il "faro" culturale più importante era Alessandria d'Egitto con le sue biblioteche, le sue scuole di pensiero. Era la capitale culturale della romanità . L'Afrodisia del romanzo era una remota città satellite di Alessandria con un importante tempio e con un'importante scuola-biblioteca, dove l'Autore fa muovere ambiziosi giovani, uno dei quali scopre ad un certo punto di avere tra le mani una straordinaria opera, che si credeva perduta, di Aristotele. In questo contesto Giuliani con abile maestria e fluidità narrativa conduce il lettore attraverso vari passaggi nelle trame di quello che possiano definire un "giallo" o "thriller" storico, in cui avvengono omicidi e un intreccio di vicende che si lascerà al lettore seguire. Basterà dire che brame, invidie e gelosie circonderanno la soperta dei "papiri" inediti della Metafisica di Aristotele. E che Alessandro, figura storica realmente vissuta ad Afrodisia (detto il sommo Esegeta di Aristotele), verrà chiamato a fare da investigatote, date le sue capacità logiche e deduttive, su una catena di omicidi e su altre circostanze apparentemente inspiegabili.
Protagonista nascosta del libro, tuttavia, è una figura femminile, tratteggiata con tenerezza dall'Autore, di nome Tellusa: emarginata socialmente per la sua condizione di prostituta, le vicende del romanzo la faranno inaspettatamente portatrice di virtù, di voglia di riscatto rispetto all'eccesso di egoismo e al desiderio di sopraffazione nel mondo di allora come in quello attuale, perché forse la pagina antica ha il sapore della quotidianità .
E quindi "nemesis" sta per "giustizia retributiva": la conseguenza degli atti umani determinano dei cambiamenti, talora degli sconvolgimenti. Ma prima o poi accade qualcosa che ricrea l'equilibrio. Nemesi è la dea dell'equilibrio. Quindi possiamo intendere il significato del libro come "vendetta" degli dei, come "equilibrio" delle forze della natura o come "riscatto" umano. Per quanto concerne Alessandro di Afrodisia, consacrato dalla tradizione come l'Esegeta, storicamente non sappiamo molto. La sua vita è avvolta in un fitto alone di mistero. Di sicuro sappiamo che ha scritto un'importante opera, il "De fato", dedicandola agli imperatori Settimio Severo e Caracalla, che lo insignirono della cattedra di filosofia aristotelica. E dai commenti che egli appose a diverse opere sembra emergere, oltre al rigore, anche una concezione personale del mondo ricchissima, piena di coraggio, di passione ed anche di capacità di andare controcorrente: prova ne sia la polemica antideterministica del "De fato", in cui esprime una voce isolata ma degnissima di difesa della libertà e della responsabiltà umana.
La "fiction" del libro di Giuliani non smentisce il dato storico e filologico in cui essa è calata. Fatto certo è l'amore dell'Autore per la classicità che, com'egli dice, lo accompagna sin dagli studi liceali e da cui non si è mai separato. E questo libro rende onore a questa passione per la scrittura e per l'antichità greca e romana, coltivata dall'Autore in svariati decenni di attività e trasmessa ai suoi studenti e, in misura diversa, ai lettori dei suoi libri. Un invito, dunque, alla lettura del libro – dice l'Autore – per avere stimoli di pensiero da completare, da integrare con la libertà dello studio e della riflessione personale.