Ieri sera, venerdì 22 luglio, all’interno del parco Villa Sabucchi di Pescara, con una settimana di ritardo a causa del maltempo, l’editore Riccardo Condò ha tenuto a battesimo la presentazione ufficiale di “Veleno nelle gole”, un romanzo di denuncia, scritto a quattro mani da Simona Barba e Gisella Orsini, che vi abbiamo presentato in un recente articolo: http://www.pescaranews.net/notizie/comunicati-stampa/14753/presentazione-del-libro-veleno-nelle-gole
L’ambientazione temporale, gli anni ’70 del secolo scorso, non è per nulla casuale, come hanno spiegato le autrici, accomunate da una forte amicizia che da tempo le lega nelle tante battaglie a carattere sociale e ambientale condivise, perché quel periodo rappresenta un “punto di non ritorno”; in quell’epoca, infatti, iniziarono le prime speculazioni industriali, che dettero inizio a una serie inimmaginabile di disastri ecologici, purtroppo ancora in corso. Il paese di B., dove si svolgono i fatti narrati, è luogo di fantasia, come d’altronde l’intero romanzo, ma fin troppo riconducibile, nell’immaginario collettivo, a Bussi sul Tirino, sede, come ben sappiamo, della più grande discarica abusiva d’Europa; chi non volesse farsi condizionare dall’iniziale, potrebbe altresì idearne l’ambientazione a Taranto, dove si trova la famigerata Ilva; diversamente i siti, sparsi un po’ dovunque, sia in Italia che fuori, contaminati e strappati con inaudita violenza alla natura, sono così tanti che ogni lettore potrà farne lo scenario cui maggiormente si sente vicino.
Il protagonista si chiama Lorenzo, non un eroe, come tengono a rilevare Simona e Gisella, ma un uomo normale, che decide di indagare, mettersi alla ricerca di prove, trovandosi nella non ideale situazione di avere tutti contro, anche (e soprattutto) le stesse vittime degli inquinamenti, le quali insieme alle loro famiglie, sono drammaticamente aggrappate a quel lavoro che, se da una parte li fa ammalare e morire, dall’altra rappresenta ormai l’unica fonte di sostentamento. Un cerchio diabolico creato ad arte, da cui sembra impossibile uscire e sottrarsi. Una sorte di distopia al contrario dove, come ha voluto sottolineare l’editore, nel corso del suo intervento, s’inaugura la nascita del cosiddetto ricatto salute/lavoro, all’epoca non compreso, mentre oggi ben risaputo, ma ben lungi dall’essere debellato.
L’argomento ha destato l’attenzione del pubblico, con parecchi interventi di spessore, ognuno dei quali ha voluto rappresentare la propria esperienza e i propri ricordi.
La lettura di alcuni brani, da parte del bravissimo Orazio Di Vito, membro della celebre Compagnia dei Guasconi, ha reso con efficacia l’impatto narrativo del romanzo, scritto con uno stile asciutto e fotografico, pensato come una sceneggiatura per un eventuale film, che le due autrici auspicano possa al più presto ispirare.
Se è vero che la scrittura (anche quella romanzata) può rappresentare uno dei principali atti di resistenza contro il malaffare e i tantissimi atti di violenza nei confronti di una natura già così drammaticamente sfregiata, ben vengano opere come questa, stimoli di riflessione e indignazione, quanto mai utili e doverosi. La recente battaglia vinta nei confronti di Ombrina Mare, dimostra che non è impossibile ribellarsi con successo agli squallidi giochi di potere, ormai da troppi decenni fonti di danni ambientali a volte irreversibili, perché scarsamente o malamente combattuti. Dalla lettura e diffusione di libri come Veleno nelle gole, possono partire nuovi venti di cambiamento, perché, come ci ricorda lo scrittore americano Denis Waitley, ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle.