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Presentazione del thriller "Il teatro del buio" con le due autrici, Angela Capobianchi e Rita Gambescia

Al termine breve intervista al presentatore dell'evento, lo scrittore Enzo Verrengia

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Interessante appuntamento oggi, presso la libreria Feltrinelli a Pescara, con la presentazione del libro “Il teatro del buio”, un thriller scritto a quattro mani dall’autrice Angela Capobianchi e dalla giornalista Rita Gambescia, pescarese la prima e lancianese la seconda. Ospite e moderatore dell’incontro, Enzo Verrengia, l’eclettico scrittore e saggista originario della laziale Alatri, oggi residente a San Severo e che abbiamo intervistato al termine dell’evento.

E’ proprio Verrengia a introdurre l’argomento “thriller”, o “giallo” come si dice solo in Italia, invenzione della Mondadori e delle sue copertine color “sole”, ricordando un episodio capitatogli alcuni anni or sono proprio qui a Pescara, nel corso di una serata del prestigioso Premio Flaiano, quando un noto autore italiano gli confidò di snobbare il genere, da sempre al contrario grande passione del Verrengia, il che è sembrato almeno strano, detto da un letterato, giacché “la vita stessa in fondo è un thriller”!

Le due autrici hanno quindi preso la parola, alternandosi nella spiegazione della genesi del libro e di come esso e i protagonisti del racconto, tutti ragazzi, siano “cresciuti” e si siano scambiati i ruoli originari nel corso della stesura, reagendo all’empatia che le due scrittrici, pur fra discussioni spesso accanite, hanno saputo coltivare nel tempo.

Il romanzo, un giallo per ragazzi pubblicato dall'editore pescarese Ianieri, che gestisce anche la libreria "Qui Abruzzo", è destinato idealmente agli alunni delle scuole medie, ma come storia e impostazione può interessare anche gli adulti. La trama, in breve, narra della dodicenne Fiore Giunti, che è iscritta dai genitori a un corso di recitazione tenuto dal grande attore Guido Mirra. A quest'ultimo si affiancano, come docenti, la sua compagna Velia Robino, Licio Bini e Rossella Guizza, una ballerina classica. Il custode del teatro è un certo Filezio, che ricorda il Quasimodo di Nôtre Dame de Paris. Compagni di corso, l'affascinante Pietro, il simpatico Bernardo e la vivace Amina. Guido Mirra ha una personalità difficile e viene ucciso. I quattro ragazzi indagano e nel frattempo finisce assassinato anche Filezio. Chi ha commesso i due delitti è insospettabile fino alle ultime pagine.

I topoi dove le vicende sono narrate non sono individuati, ma possiamo a giusta ragione ricondurli a un’immaginaria città, ideale “via di mezzo” fra Pescara e Chieti.

Come detto, al termine della presentazione, abbiamo intervistato il bravo e disponibile Enzo Verrengia:

Qual è il tuo rapporto con l'Abruzzo e con Pescara in modo particolare? Ci sono persone o episodi che ti legano in qualche modo al nostro territorio?

Io mi trovo qui perché molti della mia città, San Severo (Foggia), possiedono le case al mare, sulla costa. Alcuni amici m’invitavano a passare con loro i fine settimana e così ho conosciuto mia moglie … che è nata e cresciuta a Pescara, ma da genitori di Torremaggiore (Foggia). Comunque, questa città apparteneva già al mio immaginario perché vi frequentava il Liceo Artistico il mio compianto amico Andrea Pazienza, anche lui di San Severo (benché nato a San Benedetto del Tronto). Lui, ogni sabato, tornando a casa, decantava le bellezze, gli aneddoti e la gente di Pescara, una città molto amena, solare e vivibile. A questa immagine sono legato ancora oggi che le cose stanno rapidamente cambiando e anche qui si va verso il degrado che mi sono lasciato in Puglia, dove comunque torno di continuo per mia madre, mia sorella, i miei nipoti, ecc. Intanto, ho molti amici qui, alcuni importanti, come gli artisti figurativi Albano Paolinelli e Sandro Visca, già insegnanti del grande Paz.

Sei un poliedrico giornalista, scrittore e saggista, non ci sono limiti agli argomenti da te trattati, ma forse la fantascienza, condita spesso da buone dosi di humour e ironia, rappresenta il tuo "cavallo di battaglia"; è così oppure esiste un altro "tema" cui sei maggiormente legato?

Più che poliedrico, mi sono definito in un’intervista a un organo giornalistico locale "operaio della scrittura", nel senso che produco testi a getto continuo per pagare le bollette e non so fare altro nella vita, ormai. La fantascienza con l'humour, l'ironia e, ci aggiungo, la satira hard, si trovano tutte in La notte degli stramurti viventi, uscito in due edizioni, una nel remotissimo 1996 e l'altra nel pur remoto 2001. Si tratta di una raccolta di racconti che parodiano noti film di fantascienza calandoli alle latitudini meridionali (cui appartiene anche Pescara, s'intende). In tutti, la tesi è che il futuro arriva tra popoli antropologicamente arretrati senza farli evolvere, perché la cafonaggine è inestirpabile. E con questo, da meridionale, sorpasso Salvini che vorrebbe accreditarsi come rivalutatore del sud. Il sud ha bisogno di ben altro per immettersi sul binario dello sviluppo. Non solo soldi e istruzione, ma anche e soprattutto iniezioni massicce di valori civili, di cultura e modifiche strutturali di atteggiamento. Questo, però, è il Verrengia comiziante che non mi piace. Quello che m'interessa davvero è la narrazione d'intrigo, specialmente sul versante della spy-story, dove appartengo alla cosiddetta Legion, gli autori italiani della splendida collana Mondadori "Segretissimo", diretta da un grande scrittore come Franco Forte, che ha saputo catalizzare risorse e stili per un risultato che ci affianca alla Francia: la valorizzazione della letteratura prodotta in patria.

Chiudiamo parlando del tuo rapporto con il mondo della nona arte, il fumetto. Alla fine del 1999 la Sergio Bonelli Editore pubblicò il racconto "Zeppelin!" all'interno della collana Martin Mystère, incentrato sui mysteri (con la "y" del protagonista) che da sempre hanno accompagnato l'esplosione del famoso dirigibile; che ricordi hai di quel lavoro e che progetti (se ci sono) hai in cantiere per il futuro in quest'ottica? Infine, hai avuto l'occasione di conoscere personalmente Sergio Bonelli e, in caso affermativo, puoi raccontarci un aneddoto o un episodio particolare?

Scrivere per Martin Mystère è stato bellissimo perché mi ha dato modo di esprimere appieno la mia concezione del racconto, qualsiasi sia il mezzo di riferimento. Intendo il gusto di unire l'intreccio alla documentazione per ottenere vicende che sviluppino in ambito fantastico idee con basi storiche, scientifiche o geografiche reali. Sergio Bonelli credeva molto in questo, ma il mio rapporto più diretto è stato con l'autore di Martin Mystère, Alfredo Castelli, una persona eccezionale, piena di spirito e di entusiasmo, che abita in un appartamento identico a quello del suo personaggio … Mia moglie ed io abbiamo avuto il privilegio di sedere sul famoso divano a righe di Martin Mystère. Il problema è che adesso il fumetto risente della crisi ancora di più dell'editoria e gli sbocchi sono molto imprevedibili.

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