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FSI: con questo sistema della TARI il dissesto inevitabile

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Nominare la tassa sui rifiuti a Pescara è come parlare di corda in casa dell'impiccato. Già la passata consiliatura cadde nell'errore di fare affidamento sulle risorse "virtuali" della TARES (oggi sostituita dalla TARI), senza considerare l'eventualità che, data la crisi, un cospicuo numero di cittadini non sarebbe stato in grado di adempiere al pagamento nei tempi previsti. Il mancato gettito doveva essere previsto soprattutto in considerazione del fatto che il tributo introdotto dal decreto "Salva Italia" del governo Monti aveva fatto lievitare a dismisura le tariffe, con esercenti che si sono ritrovati a pagare importi pari a sei volte quelli dovuti con la TARSU. Così, nelle distrazioni causate dall'affanno di produrre qualcosa di utile alla campagna elettorale per tentare la riconferma di Luigi Albore Mascia, le casse del Comune languivano per una mancata riscossione di circa 10 milioni di euro e il sindaco Marco Alessandrini con la giunta entrante dovette pellegrinare in ginocchio a Roma per scongiurare il dissesto.

Oggi dal quotidiano "Il Centro" appuriamo che questi eccessi di ottimismo reiterati hanno fatto registrare un mancato gettito per 33 milioni di euro, cumulatosi negli ultimi cinque anni ed evidentemente destinato a crescere, nonostante gli sforzi profusi per ridurre l'evasione.

Se consideriamo l'entità rilevante delle sanzioni, è evidente che a Pescara, come in gran parte dei comuni italiani, siano presenti numerosi cittadini che, stretti nelle morsa della crisi, non sono in grado di sostenere l'esborso. Questo, è pacifico, al netto dei furbi e degli evasori di professione, che purtroppo sono sempre presenti.

La disciplina delle finanze dei comuni, tra riforma del titolo V della Costituzione, patto di stabilità interno e costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, prevede che gli enti locali si finanzino dissanguando i cittadini, perché l'adesione ai principi imposti dall'Unione Europea ha progressivamente ridotto i trasferimenti statali, che svolgevano una funzione perequativa, fondamentale per garantire la coesione territoriale e, in ultima istanza, l'unità nazionale.

In assenza di una politica nazionale che metta in campo un progetto di controriforme che abdichi al principio suicida della finanza decentrata ispirata al federalismo fiscale, dovremo abituarci all'idea di assistere al dissesto di quei comuni che non riusciranno nell'intento di finanziarsi depauperando la popolazione. O, nella migliore delle ipotesi, a un progressivo incremento delle disuguaglianze territoriali, con comuni ricchi di "serie A", in cui i servizi essenziali saranno garantiti a tutti, e comuni di "serie B", che non potranno più garantire parità di trattamento ai loro cittadini.

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