Doppio stop per l’abbattimento di quasi cinquecento cervi, la delibera della giunta regionale Marsilio dei partiti Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia è stata sospesa dalla giustizia amministrativa e rinviata da una mancanza di gran peso. Il Consiglio di Stato, accogliendo la richiesta urgente delle associazioni ambientaliste, ha sospeso la delibera fino alla discussione di merito a novembre. E incredibilmente a poche ore dall’avvio della mattanza si è scoperto che mancano autorizzazioni e gli Atc (Ambiti Territoriali di Caccia) non posson far nulla. Mancanze gravissime, volevano iniziare a far sparare senza essersi accorti di tali mancanze?
Come è possibile? È una circostanza secondo noi sconcertante che pone dubbi sul livello di organizzazione e valutazione dietro la decisione e il suo tentativo di applicarla. Come possono prendere determinate decisioni senza manco accorgersi che non possono rispettare i tempi che si son dati per, addirittura, mancanze autorizzative? È questo uno dei tanti punti che imporrebbe di fermarsi, valutare attentamente e non proseguire su una strada che sta incontrando una opposizione sempre più vasta a livello locale e nazionale.
La decisione di liberalizzare la caccia al cervo in Abruzzo è un atto di irresponsabilità politica ed ecologica che mette gravemente a rischio l’equilibrio di uno degli ecosistemi più preziosi d’Italia. Trasformare la fauna selvatica in un prezzario da supermercato, dove si può sparare a un cucciolo di cervo per soli 50 euro, non solo svilisce il valore intrinseco della natura, ma rivela un’ottica miope e disastrosa di gestione del territorio.
In un’epoca in cui la conservazione della biodiversità dovrebbe essere una priorità globale, l’Abruzzo decide di sacrificare il proprio patrimonio naturale sull’altare del profitto immediato e della speculazione venatoria. Il partito del presidente della giunta abruzzese Marsilio, con il meccanismo di taglie che premia a chi spara di più con la scelta di addirittura porre taglie da Fratelli d’Italia è diventato il partito Fratelli di Taglia?
I cervi sono una parte essenziale dell’equilibrio ecologico del territorio abruzzese, contribuendo a mantenere la biodiversità e garantendo la sopravvivenza di predatori apicali come i lupi. Tuttavia, sembra che le autorità regionali abbiano ignorato completamente questo fatto. Anziché proteggere queste preziose risorse naturali, hanno deciso di cedere alle richieste di un ristretto gruppo di cacciatori e interessi economici, autorizzando una caccia indiscriminata che potrebbe portare a conseguenze disastrose.
È inaccettabile che la fauna selvatica venga trattata come una risorsa commerciale, con tariffe stabilite per ogni fascia di età . Questa politica non solo mette a repentaglio le popolazioni di cervi, ma minaccia l’intero ecosistema. I cervi non sono semplici bersagli per cacciatori in cerca di un trofeo: sono una specie chiave che regola la crescita della vegetazione, favorisce la dispersione dei semi e garantisce la sopravvivenza dei lupi. Decimare la loro popolazione significa creare uno squilibrio ecologico che avrà effetti a cascata su tutto l’ambiente.
E che dire dei lupi? Privati della loro principale fonte di cibo, i lupi vedranno inevitabilmente la loro popolazione diminuire, o saranno costretti a cercare prede altrove, magari spingendosi verso gli insediamenti umani, aumentando i conflitti e generando nuovi problemi che le autorità non sembrano minimamente preparate a gestire. E tutto questo per cosa? Per soddisfare un bisogno venatorio che va contro ogni logica di conservazione?
La questione non è solo ecologica, ma anche economica. L’Abruzzo è una regione che ha fatto della sua natura selvaggia e della fauna selvatica una delle principali attrazioni turistiche. Centinaia di migliaia di visitatori si recano ogni anno nel Parco Nazionale d’Abruzzo per ammirare cervi, lupi e altre specie nel loro habitat naturale. Ridurre drasticamente queste popolazioni attraverso la caccia non regolamentata significa minare una delle principali fonti di reddito per la regione, sacrificando il turismo naturalistico a favore di una manciata di cacciatori. È una scelta che non solo distrugge l’ambiente, ma danneggia anche l’economia locale a lungo termine.
Questa politica è un insulto all’intelligenza e alla coscienza ambientale. Liberalizzare la caccia al cervo non è una soluzione, ma un problema aggiuntivo che si sommerà ad altri già esistenti. Se davvero le autorità fossero interessate a una gestione responsabile della fauna, avrebbero optato per un approccio scientifico e sostenibile, piuttosto che per una deregulation venatoria che avrà ripercussioni disastrose.
È ora che ci sia un serio ripensamento di questa decisione. La conservazione della natura non è una questione di convenienza politica o economica, ma una responsabilità etica. Continuare su questa strada significa condannare l’Abruzzo a un futuro impoverito, sia ecologicamente che economicamente.
Associazione Culturale Schierarsi – Piazze Area Vestina – Guardiagrele – Pescara – Val Pescara – Vasto