Sullo stemma del Football Club Crotone, si notano due aggressivi squali famelici, mentre un mite Delfino è al centro di quello della Pescara Calcio. Due pesci cattivi, contro un mammifero buono, immagine che casualmente ricalca anche il risultato finale dell’anticipo di sabato scorso, una sorta di strana ultima spiaggia, terminologia sportiva utilizzata di consueto in primavera inoltrata, ma mai, di certo sarà stata una primissima volta, all’inizio dell’inverno.
Di questo Pescara si sta dicendo un po’ di tutto, accuse a società e squadra, all’ambiente della tifoseria, stranamente sereno (…), alla stampa, per lo più morbida nei giudizi, inoltre si calcolano statistiche da far impallidire le peggiori performance della storia di questo sport (e non solo a livello nazionale), quindi cosa potremmo aggiungere di nuovo, rispetto a quanto già ovviamente espresso? Per una volta, tra il serio e il faceto, proviamo ad andare controcorrente, riflettendo sulla circostanza che quest’anno la Rosa biancazzurra è talmente scarsa sotto ogni profilo, che quasi sicuramente, se avesse dovuto disputare il campionato di serie B, al termine dello stesso sarebbe retrocesso in Lega Pro, mentre grazie alla promozione ottenuta la scorsa stagione, potremmo in sostanza considerare questa Serie A, come una salvezza ottenuta per restare nel campionato cadetto. Ma non solo, come già più volte ricordato, la Lega farà dono al Delfino di un paracadute finanziario di ben dieci milioni di euro, grazie anche al quale sarà possibile allestire una buona compagine per la stagione 2017/2018.
Al contempo, però, speriamo non si faccia un abuso di tutti questi aspetti “positivi”, perché il rischio da correre consiste nella continua alternanza fra serie A e B, che permetterà a questo format societario di rimanere in carica ancora a lungo, per la gioia dei tifosi della Nord e dell’Ordine dei giornalisti, ma per la disperazione di tutto l’ambiente restante, che amando questi colori a prescindere da qualsiasi interesse, dovrà tristemente continuare a sopportare figuracce sempre peggiori.
Una speranza che questo scempio abbia fine, forse, in lontananza, si potrebbe intravedere, grazie all’ambiente calcistico nazionale in seno alla Lega, che, scevro dai piaceri e dai dolori causati dal tifo, sembrerebbe inquadrare la figura di Daniele Sebastiani come quella di un possibile futuro dirigente, segnalato forse grazie alle sue ben note doti ragionieristiche di quadratore di bilanci. In tal caso egli dovrebbe lasciare ad altri la poltrona di presidente della Pescara Calcio e qualcosa potrebbe finalmente cambiare. Certo, non avremmo per nulla la certezza che la situazione migliorerebbe, ma sarebbe in ogni caso un rischio che varrebbe la pena correre, perché nello sport, se si vuole eccellere, bisogna anche rischiare e mettersi in gioco e in discussione, componenti, quest’ultima in particolare, che non sembrano appartenere al DNA dell’attuale organico del Delfino, tanto a quello societario, quanto a quello tecnico.
Detto che in quest’occasione abbiamo preferito evitare di porre l’attenzione sui singoli giocatori scesi in campo, anche per non girare il classico coltello nella piaga, ci sembra però opportuno fare un’eccezione per Francesco Zampano, la cui involuzione sui piani tecnici, fisici e, forse, anche umani, appare davvero evidente a tutti. Che fine ha fatto quel terzino che in pochi mesi, dall’inizio della rincorsa che, la scorsa stagione, portò il Pescara a trionfare nei play off e fino all’inizio di questo campionato, aveva fatto innamorare, calcisticamente parlando, in pratica l’intero ambiente pallonaro, persino il commissario tecnico della Nazionale, Giampiero Ventura? Omettendo del penoso e sterile gioco che i suoi compagni mostrano ogni settimana, il suo ruolo in campo prescinderebbe da esso, dovendo preoccuparsi quasi esclusivamente di correre sulla sua fascia, saltare gli avversari di turno e crossare al centro (per chi non si sa, questo è vero, giacché di centravanti questa squadra non ne possiede), faccende queste che il genovese di nascita sembra aver completamente dimenticato. Se anche Massimo Oddo, come abbiamo avuto modo di costatare nel corso della disgraziata gara disputata l’altro ieri, era arrivato al punto di gridargli “ti caccio”, al culmine dell’ennesima, indegna, prestazione, qualcosa di serio deve essere accaduto e forse farebbe bene il Mister ad accomodarlo in panchina, almeno per le due prossime e, stavolta davvero decisive, partite, contro Bologna e Palermo. Dopodiché, anche per evitarne il normale deprezzamento, se, come ci sembra di aver intuito, egli non è più in grado di sposare la causa biancazzurra, leggasi l’amaro calice, fino al termine della stagione, tanto varrebbe cederlo fin da subito, magari in cambio di un forte attaccante in grado di impedire almeno l’accumularsi di troppi record negativi, che marchierebbero ulteriormente, questa, finora, sciagurata annata calcistica.
Nell’attesa, che non vorremo mai vivere, della matematica che ci condannerà alla retrocessione, auguriamoci, come di consueto, un miracoloso sussulto d’orgoglio di quegli uomini che settimanalmente rappresentano in campo la fede calcistica biancazzurra, ricordando loro il mitico insegnamento che Jim Morrison lasciò ai posteri: “A volte il vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato”.