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Il Lunedì del Delfino

Nulla più da salvare

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Mancava solo di subire una goleada, all’appello delle tante nefandezze di questa penosa stagione, è arrivata anche questa, puntuale e inesorabile, persino fin troppo prevedibile. Scrivevamo all’interno degli ultimi editoriali che l’unica prospettiva rimasta al Delfino, fosse quella di salvare la faccia, ma niente da fare, anch’essa si è persa e chissà a quante altre figuracce dovremo mestamente assistere.

Fra i tanti ritornelli, in stile disco rotto, che Oddo ci ha fatto ascoltare nel corso delle conferenze stampa e delle interviste, c’è n’è una che preoccupa davvero molto in prospettiva, in altre parole che i suoi giocatori danno sempre il massimo durante tutti i novanta minuti … beh, sorge spontaneo chiedersi a cosa potremmo andare incontro se addirittura smettessero di profondersi in tutto questo impegno?! Queste affermazioni, così come tante altre che in questi ultimi mesi ci hanno riempito le orecchie, hanno avuto il solo scopo, finora almeno, di provare maldestramente a mascherare la pochezza tecnica e fisica di una Rosa totalmente inadeguata a gareggiare in Serie A. L’anticipo dell’ora di pranzo, che ha visto la Sampdoria sconfiggere il Milan a domicilio, è servito come spunto per farci comprendere quanto siano false le affermazioni di chi continua ad auto etichettarsi quale salvatore della causa biancazzurra. Se Gianluca Lapadula e Lucas Torreira fossero rimasti, almeno quest’anno a Pescara, forse le cose sarebbero potute andare diversamente. L’attaccante avrebbe giocato regolarmente e di sicuro realizzato parecchie reti, mentre l’uruguaiano si sarebbe sobbarcato l’onere di guidare il centrocampo biancazzurro, anche a copertura della difesa e i risultati sarebbero stati proficui per tutti. Entrambi avrebbero fatto lievitare il prezzo dei relativi cartellini, così da poter offrire alla stessa società un’ancora maggiore plusvalenza di quella frettolosamente realizzata la scorsa estate. Questo però non è accaduto, così come non avvenne anche in passato e il motivo principale è che, ormai l’hanno compreso anche i sassi, questa società non ha la benché minima forza di imporsi ai giochi di potere cui si è rivolta per governare indisturbata.

Non è un segreto nemmeno che i pochi abbiano osato “sfidare” il padrone delle ferriere locale, siano stati sistematicamente allontanati o messi in condizione di non nuocere. Massimo Oddo si è invece rivelato un ottimo vassallo e, infatti, la sua panchina non è stata, a questo punto sarebbe anche inutile, né sarà mai messa in discussione, fintanto che i vertici societari resteranno gli stessi. Non traggano in inganno, né illudano, le dichiarazioni a caldo di Daniele Sebastiani, rilasciate al termine dell’ultima, per adesso, figuraccia della sua squadra, con le quali ha lasciato intendere che abbandonerà le redini del comando al termine di questa stagione. A parte il fatto che il condizionale è assolutamente d’obbligo, avendolo egli stesso palesato con un “potrebbe”, aggiunto alla minaccia (…), ma in più ha inserito, in appendice, uno dei suoi ritornelli preferiti (come si può notare i cantastorie non mancano da queste parti), ovvero che nessuno ha bussato alla sua porta per chiedergli la società. Beh, ci stupirebbe il contrario, chi mai potrebbe immaginare di occupare il suo posto, stante la situazione come l’abbiamo sopra, solo parzialmente, descritta?

Insomma sembra proprio che il popolo di fede biancazzurra sia eternamente condannato a non poter gioire del suo Pescara in serie A. L’unico imprenditore che avrebbe potuto, per carisma e finanze da utilizzare, coronare questo sogno, preferì darla vinta all’attuale presidente, eclissandosi senza nemmeno provare a combattere. Davvero un peccato, Giuseppe De Cecco avrebbe potuto scrivere pagine indelebili della storia calcistica pescarese e il suo nome sarebbe stato ricordato per generazioni.

Chiudiamo con un’annotazione tecnica, apparentemente di scarso rilievo, vista la classifica, ma che a nostro parere potrebbe darci alcune risposte. Al Delfino sono stati assegnati, fin qui, ben sette calci di rigore; cinque sono stati sbagliati, quasi esclusivamente per imperizia di chi li ha tirati, piuttosto che per la bravura dei portieri avversari; degli altri due, solo quello di Cristiano Biraghi a Palermo è stato ben calciato, mentre il secondo, tra l’altro inutile, è stato realizzato da Gianluca Caprari, nel finale di gara a Napoli, solo perché Pepe Reina si è inutilmente spostato di lato, mentre se fosse rimasto immobile al centro della porta, il pallone gli sarebbe stato bellamente consegnato fra le braccia, quasi come un passaggio. Da queste ovvie considerazioni si evince che, evidentemente, anche questo semplice fondamentale, non è seguito e affrontato, durante gli allenamenti, come dovrebbe. Tutti sbagliano, quindi, ma nessuno si sente in dovere di ammetterlo, a capo chino e senza cercare inutili scuse, come la tifoseria pagante, sia quella che si reca allo stadio, sia quella che acquista la visione delle gare in televisione, invece meriterebbe.

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