Un giorno il celebre scrittore statunitense Kenneth Blanchard, esperto in management di fama mondiale, disse: “La chiave per una leadership vincente è l’influenza, non l’autorità”. Francamente non sappiamo se Massimo Oddo utilizzasse quest’ultima per dirigere lo spogliatoio del Delfino, ma di sicuro possiamo affermare che una personalità dotata di carisma, qual è Zdeněk Zeman, possa facilmente influenzare positivamente, con la sua sola presenza, l’impegno e il gioco di una squadra che sembrava allo sbando fino a pochi giorni fa.
Spesso capita di doverci ripetere, ma evitarlo è forse impossibile quando si scrive di calcio. La bellezza e l’unicità di questo sport trovano la loro corrispondenza nell’imprevedibilità che esso riesce a manifestare. Avevamo terminato lo scorso editoriale puntando il dito proprio contro il Genoa, ieri sotterrato di reti dal Pescara, reo di aver attuato un mercato “strategico”, inteso esclusivamente dal punto di vista economico, che nulla ha da spartire con il calcio giocato. C’è voluto il ritorno in panchina di un uomo che, guarda caso, ha lavorato per tutta la sua carriera esclusivamente con l’obiettivo di insegnare questo sport ai propri giocatori, piuttosto che semplicemente allenare una squadra, come la maggior parte dei suoi colleghi, per far ricredere l’intero ambiente e riportare il pallone al centro del rettangolo, sradicandolo da quelle scrivanie dove troppo presto era stato collocato. Uomo d’altri tempi, sentiva di avere un debito da saldare con quella tifoseria biancazzurra che lo aveva amato, di più, idolatrato, salvo poi ingiustamente ripudiarlo per aver fatto una scelta che chiunque, al suo posto, non avrebbe potuto evitare. Poco importa ormai, ciò che è stato appartiene al passato, mentre il presente ci consegna un futuro meno incerto, dove alle comunque scarse possibilità di ottenere una “impossibile” salvezza, si contrappone la certezza di riuscire a evitare l’etichetta di peggior squadra del globo, destino che fino alla scorsa settimana sembrava inevitabile.
Seppur tardivo, almeno in quest’occasione, dobbiamo applaudire il ripensamento di Daniele Sebastiani, che ha operato una scelta non facile, esonerando il suo amico Oddo per un ritorno che la piazza anelava, apparentemente senza molte speranze. Dobbiamo solo sperare che il presidente abbia finalmente compreso che il suo ruolo societario dovrà essere esclusivamente quello istituzionale per definizione, lasciando il palcoscenico al tecnico e ai giocatori, diversamente il binomio con Zeman non potrà durare a lungo. Per il momento godiamoci il presente, grazie alla roboante vittoria di ieri pomeriggio, che tutti aspettavano davvero da troppo tempo. Peccato per la curva Nord desolatamente vuota, frutto di una decisione tutto sommato condivisibile, ma generata da accadimenti del recente passato, che potrebbero ben presto essere dimenticati se i giocatori in casacca biancazzurra sapranno farsi valere, cosa di cui non possiamo dubitare, conoscendo il nuovo tecnico.
Evitiamo, per ora, di affrontare a caldo i temi riguardanti le differenze fra il vecchio e il nuovo trainer, inutili parallelismi per provare a spiegare l’incredibile trasformazione vista ieri all’Adriatico: una squadra totalmente rigenerata dal punto di vista psicologico, magari un po’ meno su quello atletico, che di certo rappresenterà la croce di Zeman da qui alla fine del torneo. Sappiamo bene quanto sia decisiva per il boemo la preparazione fisica estiva, ai fini del raggiungimento degli obiettivi. In ogni caso è inutile piangere sul latte versato, forse era destino che il suo ritorno dovesse avvenire durante uno dei periodi più bui nella storia di questo sodalizio, dopo averlo lasciato al termine di quello più luminoso, quando le uniche differenze in campo fra il Pescara e il Barcellona, sembravano solo i colori delle maglie indossate. A tal proposito ci piace rilevare come il fantastico e forse irripetibile trio delle meraviglie di quella squadra, Marco Verratti, Ciro Immobile e Lorenzo Insigne, abbia voluto indirettamente salutare il ritorno in panchina del suo mentore. Il primo, lo scorso martedì, ha guidato il Paris St. Germain alla strabordante vittoria in Champion’s League proprio contro gli spagnoli sopra citati; il secondo ha messo a segno una delle due reti con cui la sua Lazio ha sconfitto sabato quell’Empoli che visualizza, in classifica, per i biancazzurri, la chimera chiamata salvezza; infine il terzo, dopo aver realizzato, a metà settimana, uno splendido goal al Santiago Bernabeu, che rappresenta lo spiraglio per un’eventuale qualificazione del Napoli contro il Real Madrid nella gara di ritorno, ieri pomeriggio ha contribuito, con la prima marcatura, delle tre complessive, a sconfiggere il Chievo, guarda caso proprio il prossimo avversario in campionato, domenica prossima, del Delfino. Un’impressionante serie d’immediate coincidenze, che sembrano volerci comunicare l’inizio di un’altra bellissima storia da vivere e raccontare.
Chiudiamo nel ricordo di un grande personaggio che ci lasciò troppo presto, ieri avrebbe compiuto 64 anni e con il calcio non aveva apparentemente nulla da spartire, però una delle sue citazioni sembra davvero adatta a terminare questo editoriale, viste le argomentazioni trattate e le speranze che vogliamo riporre nel futuro biancazzurro: “le cose si fanno il giorno dopo o non si fanno affatto”. Ciao Massimo Troisi, ci manchi.