Ci eravamo fissati appuntamento, prima che iniziassero le festività, al 1° gennaio, ma per cause indipendenti dalla nostra volontà siamo stati costretti a posticipare di una settimana. Eccoci pertanto qui, con leggero ritardo, ad aprire i battenti del 2018. L’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle non sarà ricordato fra i pochi positivi della Storia biancazzurra. In primavera un Delfino ormai alle corde aveva abbandonato, per l’ennesima volta, velocemente e prematuramente, la Massima Serie, con fatica inutilmente conquistata da Massimo Oddo, dopo una rincorsa durata ben due stagioni. Anche il girone d’andata del campionato cadetto in corso, iniziato con una straripante vittoria ai danni del Foggia, ha in seguito deluso le attese, mostrando, con il passare delle settimane, una squadra in calo di prestazioni e, quindi, di risultati. Solo un pizzico di fortuna e di sano orgoglio da parte di alcuni elementi della Rosa, ha consentito di terminare (sette punti nelle ultime tre giornate) questa prima parte di stagione a centro classifica, piuttosto che a ridosso della zona play out.
Quando Daniele Sebastiani decise di affidare la squadra a Zdenek Zeman, affinché terminasse in maniera dignitosa il campionato di Serie A (cosa riuscita solo in parte), ma soprattutto poter programmare con largo anticipo un immediato tentativo di pronto riscatto, molti fra gli addetti ai lavori restarono stupiti. Solo chi non conosceva per niente i caratteri e le personalità dei due, si rallegrò di tale decisione, ma per tutti gli altri la domanda da porsi fu semplicemente: “Quanto tempo durerà quest’idillio?”. In fondo la risposta non era nemmeno così difficile da restituire: “fino a quando i nodi non verranno al pettine”. E’ così è stato. Le esternazioni di fine autunno, da parte del boemo prima e del ragioniere poi, hanno fatto cadere quegli argini, che erano stati costruiti con paletti, poco adatti a contenere la furia distruttrice delle onde in piena, ormai lasciate correre dopo l’apertura della diga societaria.
Da qualche giorno ha preso inizio il periodo dell’anno maggiormente temuto dalla tifoseria biancazzurra, almeno da quando Sebastiani è presidente: il Mercato invernale. Nato soprattutto per consentire alle squadre in difficoltà di rafforzarsi e a quelle con una Rosa in sovrannumero di poterle ridurre, qui a Pescara (ma non solo, ci mancherebbe) è invece divenuto sinonimo di (s)vendita dei pezzi più pregiati e apertura nei confronti di giocatori in disarmo o, comunque, privi della minima preparazione atletica, necessaria alla ripresa del campionato. Insomma, a gennaio il Delfino tende a smantellarsi, anziché rafforzarsi. Non si tratta di una critica, ma di una considerazione che si appalesa anno dopo anno agli occhi di tutti. E d’altronde lo stesso presidente non ha mai smentito la circostanza, giustificando l’operato al ribasso (in termini tecnici) con le esigenze di bilancio, sommo padrone del calcio nostrano. Anche in questa circostanza auspichiamo di essere smentiti, evento che raramente c’è concesso, ma si sa, nel calcio quasi tutto è possibile.
Nello specifico si sta cercando di far cambiare aria all’acquisto più oneroso della scorsa estate (beffardamente forse l’unico della lista, a suo tempo presentata da Zeman, a essere stato messo sotto contratto), quel Ganz, figlio d’arte, che nonostante le sue enormi potenzialità (…), passano le stagioni, ma di esplodere non ne vuole proprio sapere. Se ne andrà anche la rivelazione Antonio Mazzotta. Il palermitano, famoso per essere stato l’unico giocatore fischiato dal pubblico amico, durante la cavalcata vincente verso la Serie A di Massimo Oddo, ha trovato, dall’inizio di stagione, nuova linfa, grazie alla cura Zeman. Purtroppo il difensore è in scadenza di contratto, che non sembra si potesse rinnovare (…), quindi bisogna fare cassa nell’immediato. Che cosa importa, di terzini di fascia ne abbiamo a iosa? … Anche il prestito orobico, Luca Valzania, sembrava a rischio di rientro in quel di Bergamo, causa lo scarso impiego iniziale, ma le ultime convincenti prestazioni e la volontà del calciatore di rimanere a imparare calcio alla corte di Zeman, sembrerebbero aver impedito almeno questo rischio. In ogni caso, impossibile pronosticare cosa accadrà nelle prossime settimane, avremo modo di fare le eventuali considerazioni a cose fatte.
Il prossimo appuntamento con il nostro editoriale sarà per lunedì 22 gennaio, successivo alla ripresa delle ostilità, con la prima del girone di ritorno, che vedrà il Pescara impegnato a Foggia. I satanelli pugliesi, di certo in vena di riscatto, dopo il 5 -1 dell’andata, rappresenteranno un impegnativo banco di prova per gli uomini del grande ex boemo.
Prima di salutarci, vogliamo però, doverosamente, ricordare la figura di Antonio Valentin Angelillo, scomparso venerdì 5 gennaio, all’età di ottant’anni. Grande attaccante argentino, dalla metà degli anni ’50 e fino al termine dei ’60, con un carattere poco incline al compromesso (secondo voi sarebbe potuto andare d’accordo con l’attuale dirigenza biancazzurra? ...), ma dotato d’immense doti tecniche e atletiche. Detiene due record ancora imbattuti. Da attaccante, quello del maggior numero di reti segnate in un’unica stagione, per i campionati a diciotto squadre. Nella stagione 1958-59 mise a segno ben 33 marcature con la maglia dell’Inter. Da allenatore, ancor più che come calciatore, il suo essere ribelle gli costò la carriera, che sarebbe potuta essere ricca di trofei, vista la straordinaria intelligenza calcistica che accompagnava il suo enorme talento calcistico. Anche in questa veste, un primato a oggi imbattuto, lo fa ricordare. Proprio come allenatore del Pescara, al termine della trionfale stagione cadetta 1978-79, quella della seconda promozione in serie A, contribuì a trascinare i mitici quarantamila tifosi a Bologna, nell’occasione dello spareggio contro il Monza. Mai nessun’altra tifoseria, da allora, ebbe modo di fare qualcosa di vagamente simile. L’anno successivo fu esonerato dopo solo cinque giornate, ma questa è un’altra (triste) storia, che fa parte della poco gloriosa epopea biancazzurra e del suo scarso feeling con la Massima Serie. Quando, alcuni anni fa, gli chiesero di descrivere come riuscì a raggiungere quell’incredibile record di marcature, così si espresse: “Bastava che toccassi la palla ed era gol. Ne feci 31 in 27 giornate. Poi la porta diventò stregata. Il record di Felice Borel, 32 reti, era lì, ma per sei giornate non segnai. Solo pali, salvataggi, errori clamorosi. Con l'Alessandria, alla penultima giornata, quando esordì Rivera, ebbi 5 palle-gol e non segnai: alla fine mi misi a piangere. Solo nell'ultima partita, a San Siro contro la Lazio, spezzai il tabù con una doppietta. Poi nessuno riuscì a fare meglio. E quello, ormai, resta il record del secolo“.