Reduce da due pareggi, il Delfino non può ancora considerare ufficialmente chiusa la pratica salvezza, come avevamo sperato al termine dello scorso editoriale. Manca solo la cosiddetta “aritmetica” però e, presumibilmente, questa arriverà sabato prossimo. Nell’ultima gara interna di questa stagione il Pescara ospiterà l’Ascoli, in un derby che, se fino a poche settimane fa si annunciava drammatico, un vero e proprio spareggio per la permanenza in serie B, alla luce degli ultimi risultati dovrebbe invece trasformarsi in una gara da sbadigli (o quasi), con le squadre “impegnate” a contenere i danni e spartirsi la scarsa posta in palio. Grazie al pareggio (annunciato?) gli uomini di Pillon potranno quindi affrontare la difficile trasferta di Venezia senza patemi d’animo, mentre i marchigiani dovrebbero facilmente conquistare, anch’essi, la salvezza, battendo nell’ultima giornata il Brescia, presumibilmente già tranquillo.
Insomma possiamo già consegnare agli archivi l’annata 2017/2018, che sarà quasi certamente da ricordare come la peggiore in assoluto della triste gestione Sebastiani. Tolte, infatti, le due mestissime retrocessioni dalla serie A (2012/2013 e 2016/2017), finora il risultato più deludente era stato il quindicesimo posto della stagione 2013/2014, con 52 punti finali. Se non ci saranno sorprese, questo campionato si terminerà con 48 punti all’attivo e, di conseguenza, con una posizione in graduatoria dal sedicesimo in giù.
A detta dello stesso Sebastiani l’obiettivo minimo avrebbe dovuto essere l’ingresso nei play off, ma per colpe non sue (…), quanto di Zeman, incapace di gestire una Rosa ricca di giovani talenti (…), ci vediamo quasi costretti a gioire per non esserci ritrovati in serie C! Come anche le pietre hanno imparato da queste parti, le responsabilità per i costanti e quasi continui fallimenti, rispetto agli annunci estivi, è sempre di qualcun altro, mai della società. Ovviamente gli allenatori, come accade d’altronde un po’ ovunque, costituiscono il principale fra gli alibi da considerare per gli scarsi risultati. Si fa davvero fatica a commentare, settimana dopo settimana, le vicende del Delfino targato Daniele Sebastiani. L’impressione è sempre la medesima: fintanto che sarà lui il presidente, impossibile sperare in un diverso modo di ragionare.
A onor del vero, proprio dopo il fischio finale della gara di Novara, abbiamo avuto la piacevole sorpresa, forse dettata dal sospiro di sollievo per l’ormai scampato pericolo, di leggere alcune dichiarazioni del vice-presidente, Gabriele Bankowski, che in parte lascia presagire un possibile cambio di mentalità. Al netto di quanto dichiarato in apertura del suo post su facebook: “Il mister Pillon ha dato certezze ad un gruppo di ragazzi giovani e di talento. Allora questa squadra non era poi così scarsa come qualche addetto ai lavori aveva definito”, frase che lascia intendere come le responsabilità del fiasco stagionale siano da attribuire esclusivamente a Zeman, ma che, indirettamente, condanna anche la scelta di affidare la squadra al dilettante Massimo Epifani, sollecitato, però dalle interpretazioni degli interlocutori, ha anche aggiunto: “E anche noi società qualche errore lo abbiamo commesso”. Tralasciando gli altri commenti letti, diremmo che sarebbe opportuno finalmente ripartire proprio da questo parziale (e un po’ tardivo aggiungiamo) mea culpa. E’ davvero così difficile comprendere che i collaboratori (tecnici, giocatori, manager, raccattapalle, magazzinieri, ecc.) sono tutti scelti da chi comanda? Se quindi non portano risultati, forse è logico pensare che l’unico (o almeno il maggiore) responsabile sia chi li ha selezionati, che ha affidato loro delle responsabilità per cui non erano adeguati. Un semplicissimo assioma che si può facilmente applicare a qualsiasi ambito lavorativo, non solo calcistico o sportivo.