Il pimo appuntamento con "Gli antichi mestieri" ci porta a Cappelle sul Tavo per parlare delle sue cipolle e della figura del Cipollaro.
Cappelle sul Tavo, fino a circa 30 anni fa, era nota per la qualità delle sue cipolle che venivano esportate in varie località d'Italia e soprattutto nei mercati del Lazio e del Veneto tanto che un detto che diceva: "Si vu li cipolle e li femmene belle, và a li zinghere di li Cappelle".
Per ricordare la tradizionale coltivazione della cipolla, a una frazione del paese, è stato dato il nome di "Contrada Cipollara".
La cipolla è un alimento da sempre molto utilizzato e apprezzato sia per il suo aroma che per le sue proprietà terapeutiche. I contadini, una volta effettuato la raccolta delle cipolle, iniziavano la creazione delle “reste”, le lunghe trecce formate da circa 52 bulbi e foglie intrecciati tra di loro dal peso di circa 2 kg utilizzate per facilitare il trasporto e lo stoccaggio del prodotto.
Il Cipollaro, per vendere più speditamente la sua merce, attirava l'attenzione delle donne con un richiamo particolare. Infatti strillava in continuazione: "donne, donne nen fa chiagne" per elogiare la dolcezza delle cipolle di Cappelle sul Tavo, dicendo che non fanno piangere, e invogliare le donne all'acquisto.
Intorno al 1974, tra la serie dei personaggi che "Vanno per via" (Ed. Il Camoscio, 1974) Vito Giovannelli dedicò un’incisione proprio al Cipollaro di Cappelle sul Tavo.
Per la ricostruzione e l'iconografia del venditore di Cappelle, che solitamente era un ragazzo, Giovannelli si avvalse della descrizione fornitagli dal medico Ermanno De Pompeis senior, nonno dell'attuale direttore del Museo delle Genti D'Abruzzo.