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La bigiotteria in Abruzzo

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Su tutte le bibliografie abruzzesi consultate: Fucinese (1978), Zuccarini (1980),  Mattiocco (1981),  Profeta ( 2005) manca la voce bigiotteria; eppure a diversi esemplari abruzzesi di bigiotteria viene conferita la stessa importanza manifatturiera che si attribuisce ai gioielli realizzati in oro, in argento e pietre preziose. In generale, la bigiotteria si avvale delle stesse tecniche di lavorazione dell'oreficeria, degli stessi procedimenti esecutivi e delle stesse tipologie di assembramento. Al contrario dell'oreficeria, però, la bigiotteria. impiega materiale non prezioso.

In Abruzzo, alcuni esemplari di bigiotteria, cito ad esempio quelli esaminati a Guardiagrele, su interessamento del critico d'arte Quinto Matricardi, esemplari visionati presso Remo Della Porta, fratello del poeta Modesto,  nonché esemplari visionati a Pescara, su interessamento del glottologo Ernesto Giammarco, presso il ceramologo Lello Moccia e quelle possedute dagli eredi dall'orafo Ezio Fradelloni  risultano manufatti di eccellente fattura artigianale  (Cfr, Pierluigi Chillà, Per il centenario della nascita dello scultore Ezio Fradelloni, Ed. Contea di Manoppello,giugno 2014).

Mentre la bigiotteria antica poteva contenere anche l'innesto di vertebre di animali e  di conchiglie marine, quella più vicina a noi si arricchisce di smalti e castoni vitrei  imitanti il taglio delle pietre preziose (cfr. Peter Hinks, I Gioielli, Milano, Mondadori, 1970).

Nel tardo Ottocento, con l'uso diffuso del princisbecco ( oro falso), scoperto in Inghilterra  dall'orologiaio Cristoforo Pinchbeck, con la diffusione del similoro di Mannheim e con l'impiego di strassi  lavorati ad imitazione dei diamanti, esecuzione artigianale diffusa specialmente in Austria, per merito di Giuseppe Strasserin,  la bigiotteria  si fa sempre più raffinata.

Molti esemplari di bigiotteria presenti in diverse collezioni private risultano prodotte nel secolo XIX (cfr. Peter Hinks, op. cit).

Nel secolo scorso la bigiotteria fu abbondantemente prodotta  anche in America, con l'espansione della cinematografia e in Europa si allargò la produzione con la diffusione del melodramma; per queste ragioni le bigiotterie sono dette anche "gioielli delle dive e delle cantanti".

Bigiotteria e oreficeria hanno sempre fatto parte integrante dell'abbigliamento femminile; più raramente di quello maschile.

Le bigiotterie e i gioielli  più usati in Abruzzo dalle donne erano e sono: orecchini a disco e a baule, spille a piattello e da capo, fibule da fazzolettoni,  medaglioni, collane, girocolli, bracciali, pendagli a goccia, rari frontalieri, anelli e bottoni. Fra i pendenti abruzzesi si ricorda  la presuntuosa realizzata in filigrana  (famosa quella da fidanzamento, con due cuori legati e quella da donna maritata, con  lucchetto incatenato).

Gli oggetti più importanti usati dagli uomini erano e sono ancora: i gemelli dei polsini delle camice, le catene d'orologio, i fermagli da scarpe, da mantello e da cravatte, gli anelli da dito e da caviglie, nonché portachiavi e bottoni da gamurrino, da mantello a ruota e della tipica pellegrina dei pastori. Tra ciondoli e portachiavi si ricorda quello con il teschio e con l'immagine dello scheletro, detto quest'ultimo " memento mori".

Spesso, a Giulianova (Te), a Scanno (Aq), a Sulmona (Aq) a Chieti, a Guardiagrele (Ch) e a Vasto (Ch) si impiegava il rame argentato o l'ottone dorato  per fabbricare bigiotterie  e per realizzare arredi sacri. Forse, si potrebbe affermare che la bigiotteria abruzzese è molto vicina all' oreficeria.  Infatti, l'innesto di qualche metallo nobile come l'argento, ad esempio, si riscontra anche nelle strutture della bigiotteria.

Per vivacizzare la bigiotteria locale, quando gli artigiani abruzzesi non ricorrevano allo smalto, inserivano, nelle loro lavorazioni, falsi granati, qualche corallo di terza scelta,  semenza di perle, smeraldi artificiali, false pietre di luna,  grani di avorio,  gocce di giaietto, in sostituzione dell'onice autentico, nonché ambra sintetica (l'ambra vera, conosciuta anche come "oro lituano o baltico", si riscontra, invece, nei gioielli autentici).

Il settore dei pendagli nella bigiotteria abruzzese, ma anche nell'oreficeria, manca dell'innesto di cammei, nonostante l'Abruzzo avesse avuto, in epoca neoclassica, periodo di grande diffusione della bigiotteria, famosi glittici tra cui si ricordano i maestri:  Giovanni Antonio Santarelli, da Manoppello; Filippo Rega, da Chieti e Francesco D'andrea, da Vasto, quest'ultimo oltre che glittico fu anche direttore della zecca di Napoli.

Nel meridione d'Italia, specialmente a Napoli, al tempo di diverse corti, si incastonavano anche gemme di acqua pura (brillanti) per  teste coronate e cortigiane. In Abruzzo, tanto le bigiotterie quanto le oreficerie vanno sotto il nome di " gioielli borbonici". Una discreta varietà iconografica di gioielli veri, ma anche falsi è visibile nelle cartoline cromolitografate di Basilio Cascella ( cfr. Anonimo, Le cartoline di Basilio Cascella della collezione Mezzanotte Casalanguida, Chieti scalo,  Artigrafiche Galvan, 2006 ).

In territorio abruzzese, esclusa la monetazione e gli anelli vescovili  prodotti con oro 18k, i  gioielli venivano confezionati con oro di bassa caratura (14 carati), mentre il titolo dell'argento, tranne che per i medaglioni dei  priori delle confraternite, non sempre era 800.

Metalli non preziosi marchiati si usavano, quasi sempre, per la realizzazione di arredi sacri: quali croci processionali e stanziali, calici, reliquari, incensieri e paliotti, al cui costo, su sollecitazioni dei parroci, contribuivano intere popolazioni.

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