Si è tenuta martedì 27 gennaio alle 16,00 presso il Museo Michetti di Francavilla al Mare la lezione della XXI edizione dell’Università della Libera età di Francavilla al Mare, coordinata dal prof. Massimo Pasqualone. Tema dell’incontro è stato il cinema, a cura di Bruno Imbastaro. Inoltre prosegue il progetto MumArt, curato dallo stesso Pasqualone e ideato dall’artista francavillese Sandro Lucio Giardinelli. MumArt propone, all’interno della Ule di Francavilla, un laboratorio di Arte contemporanea, con la presentazione di mostre personali dedicate ad artisti abruzzesi e non, fino a giugno 2015. Per questa occasione il critico d’arte Annarita Melaragna ha presentato il pittore Pasquale Lucchitti, che ha esposto dal 27 gennaio al 3 febbraio nella sala conferenze del Mu.Mi.
E proprio partendo dall’arte che si inserisce la mostra personale del pittore di Fara San Martino, Pasquale Lucchitti, con il quale “in primis” ci siamo soffermati, durante una breve intervista, a parlare della sua terra natia: Fara San Martino - terra di confine per i longobardi che vi costituirono una vera e propria organizzazione sociale e militare - come capitale mondiale della pasta con ben quattro pastifici di cui uno per celiaci. Questo piccolo centro pedemontano, situato allo sbocco del Vallone di Santo Spirito, è attraversato dal fiume Verde, vera e propria ricchezza per il paese, perché la sua acqua particolarmente leggera è ottima per fare la pasta. Questo paese di circa 1.500 anime fa parte della Comunità montana e conserva ancora valori che probabilmente si sono persi nelle valli.
Pasquale Lucchitti come autodidatta ha iniziato 30 anni fa uno studio personale sugli impressionisti da cui ha tratto ispirazione per eseguire i suoi primi paesaggi. Poi l’incontro con la maestra d’arte Gabriella Capodiferro, che gli ha dato orientamenti diversi, l’approfondimento delle tecniche pittoriche, lo studio delle avanguardie storiche del ‘900, che lo hanno portato verso una pittura piuttosto informale, di ricerca cromatica. Negli anni ha dipinto sempre più “dal vero”, specie le nature morte, verso le quali ha sentito uno sbocco ideale della sua pittura. Notevoli sono le rappresentazioni di oggetti di uso quotidiano, che però vengono tirate fuori dalla loro abituale collocazione. In maniera del tutto inaspettata, questi oggetti subiscono una sorta di “estraneamento” per essere “attenzionati” in un palcoscenico ideale dove poter immortalare l’attimo, il secondo e dare agli oggetti stessi una sorta di valenza simbolica per farci tornare in circostanze passate della nostra vita. Massimo Pasqualone ci chiarisce le idee parlando della sua arte come di una “poetica della luce”, componente fondamentale della sua pittura. Lucchitti è molto attento al gioco delle luci e delle ombre per creare suggestioni, per vedere “come la luce decide”, perché lui dice che “è l’illuminazione che decide la storia”. Quindi uno studio molto rigoroso della composizione, del rapporto fra gli oggetti e lo spazio circostante. Ammette che è grazie alle lezioni con la professoressa Capodiferro che ha affrontato i suoi primi studi sul colore, sulle tonalità e sulle relazioni cromatiche, anche se poi ha trovato soluzioni personalissime per la sua arte. Rispetto all’arte informale prova un’emozione incontrollata quando in questa c’è capacità di dominio, specie nell’aspetto gestuale. Poi però negli anni ha deciso di evaderla, perché con essa non si sentiva a proprio agio, data la sua esigenza più preminente di dominare la sua pittura.
Merito di Annarita Melaragna, artista e critico d’arte, di averci fatto scoprire questo pittore farese che non ha nulla da invidiare a molti artisti affermati del suo genere. Nella sua dissertazione Annarita mette in evidenza come queste nature morte hanno una grande abilità: quella di emozionarci, di catturare la nostra attenzione. In questi oggetti ritroviamo noi stessi, c’è un rimando ad un vissuto, all’infanzia per esempio. Perché un’opera d’arte non deve essere compresa, ma deve emozionarci. Definisce il Maestro un “abile comunicatore”, “uno stratega della comunicazione”. Quelle scatolette rappresentate nei suoi dipinti non sono altro che “contenitori di sogni”. E quindi libertà di espressione, di genialità, perché , citando Heinstein, “la creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte più profonda”. E quindi Pasquale Lucchitti, per dirla con Pasqualone, “attinge al serbatoio dei ricordi, da quel pozzo dove si sedimentano, anche inconsciamente, i ricordi, finanche i sogni di una vita per chi, come il sottoscritto, è profondamente convinto che la vita non sia mai quella che si vede”. Per concludere potremmo citare una delle pensatrici più acute del giorno d’oggi, come fa Pasqualone, dicendo che “il secondo è l’unica eternità che conosco, vale a dire che l’artista cerca nell’attimo l’eternità” e in questo Pasquale Lucchitti vi riesce molto bene.
Nella seconda parte della lezione si è trattato di cinema con il relatore Bruno Imbastaro che ci ha parlato, durante una breve intervista preliminare, di questo progetto collaterale della Ule di Francavilla di proiettare un ciclo di films sul difficile e complesso rapporto tra letteratura e cinema. Films che saranno proiettati nel mese di marzo nei quattro lunedì che seguiranno.
Bruno Imbastaro ha una lunga esperienza di grafico, una passione per la fotografia sin da quando aveva 14-15 anni. Ma il grosso suo impegno si è svolto da tre anni a questa parte, in particolare con una recente mostra al Mu.Mi dove ha esposto più di cento scatti realizzati negli anni ‘70/’80 principalmente in bianco e nero. Soggetti principali sono le tematiche della c.d. fotografia umanistica francese: soggetti presi dalla strada, dagli eventi della vita quotidiana. La fotografia è un suo interesse per esprimere, comunicare, descrivere. E quindi il relatore ha proposto con delle slides un excursus storico del cinema dalle avanguardie storiche del Futurismo e del Surrealismo fino ai nostri giorni, il tutto per il piacere di osservare il mondo e cambiarlo.