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Dal chicco di grano alla farina e dalla farina al pane e alla pasta

Incontro organizzato dal Rotary Club Terra dei Vestini con la rievocazione di un importante momento della civiltà contadina

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Ieri, presso la tenuta Di Giovacchino a Picciano, la trebbiatrice ha mostrato attraverso il ruggito del motore e lo scivolamento delle cinghie quanto fosse importante la trebbiatura che concludeva una fase importante della vita contadina: la raccolta e la macinatura del grano. Tra la fine di giugno e luglio i contadini si apprestavano a completare la cultura del grano, le spighe erano alte e ondeggiavano al vento e le famiglie organizzate in gruppi procedevano alla mietitura e poi alla trebbiatura.

Alla mietitura partecipavano tutti – uomini, donne, bambini e anziani – e ognuno aveva una mansione ben precisa: gli uomini si occupavano del taglio del grano, i bambini e le donne della raccolta di esso. La mietitura doveva avvenire quando il chicco di frumento era completamente fatto, ma non del tutto maturo, diversamente sarebbe fuoriuscito dalla spiga durante le operazioni di mietitura e di trasporto.

La mietitura e la trebbiatura del grano costituivano una vera festa, pur comportando un durissimo lavoro: rappresentavano il successo tangibile di un impegno lungo, difficile e faticoso, reso infine ancor più pesante dal caldo afoso. Sebbene il lavoro fosse faticosissimo, i canti delle donne si fondevano con quelli provenienti da altri poderi vicini, era gioioso e prevaleva sulla fatica della mietitura.

Il grano, una volta legato in covoni, veniva disposto in piccole ordinate cataste a raggiera chiamate biche (circa 18 covoni più uno di copertura) al fine di proteggere dalla pioggia le spighe. Se però la pioggia era tanta, bisognava rovesciare i covoni per farli asciugare e tale gravosa operazione implicava il disfacimento e la ricomposizione delle biche.

I carri erano trainati da buoi spazzolati, lucidati e inghirlandati, ostentati dal contadino anche per la loro bellezza, e l’uso della frusta era più per scenografia che non per incitamento degli animali. La meccanizzazione ed il progresso, che ha visto l’utilizzo della macchine, hanno stravolto ed anche cancellato alcuni cicli lavorativi della trebbiatura.

Oggi, questa importante fase del ciclo lavorativo del grano, passa quasi inosservata. Una grande mietitrebbia, dotata di ogni confort, aria condizionata e sistemi di auto livellamento elettronici, arriva in un campo di grano e in poche ore il cereale è tutto mietuto, trebbiato e trasportato ai magazzini con una sola operazione e da lontano si sente solo il sibilo dei potenti motori.

Il paesaggio agrario è sconvolto da questi nuovi mezzi meccanici che dovendo fare il lavoro in un tempo ristretto hanno un frontale di raccolta che è di circa 5/8 metri di larghezza che di fatto impedisce qualsiasi oggetto, persona o altra coltivazione possa esistere sul sentiero che traccia con il suo movimento.

La rievocazione storica, che il Rotary club Terra dei Vestini, ha voluto organizzare per il 12 luglio, ha avuto inizio presso il chiostro della chiesa di San Patrignano a Collecorvino.

Con il Convegno dal titolo:

Dal chicco di grano alla farina e dalla farina al pane e alla pasta

Hanno partecipato quali esperti:

- Leonardo Seghetti, tra i maggiori esperti italiani di chimica agraria e agroalimentare, autorità riconosciuta nel campo della viticoltura e dell’olivicoltura nonché competente conoscitore di farine; ed il caro socio 

- Gianluigi Peduzzi proprietario, insieme alla sorella Stefania, e presidente dell’azienda pastaia “Rustichella d’Abruzzo”, rinomata a livello internazionale e tuttora in forte espansione.

Presenti al tavolo dei relatori il Presidente del club Lino Pace, Anna De Febis assistente del governatore per i club pescaresi, il Prefetto del club Luigi D’Andreagiovanni, Maria Luisa Abate giornalista.

Dopo i saluti del prefetto D’Andreagiovanni e del Presidente Lino Pace, ha preso la parola Leonardo Seghetti.

“Pensate a tutto quanto quando partiva alla semina, si seminava a spaglio e quindi l'agricoltore non aveva seminatrici, non aveva nulla, andava in mezzo ai campi, scardinava, non aveva le scarpe anti infortunistiche. Fino agli anni 30-40 si seminavano ampie superfici per ottenere solo 5 q.li di grano. Pensate voi che cosa incredibile, ma dopo questa semina c'era tutto quanto l'aspetto fondamentale di sperare che l'annata poteva andare come andava. Perché il grano è stato preso anche dalla religione, la religione cattolica e cristiana. Il luogo in cui stiamo adesso, un convento, ci fa pensare a quanto il grano sia legato alla religione e la parabola stessa del buon seminatore ci fa capire una cosa. Vado a seminare, una parte va sul terreno arido e non succede niente, una parte rimane in superficie, arrivano gli uccelli e se lo mangiano, una parte va in mezzo ai rovi e viene soffocata, se un chicco va nel terreno fertile, da quel chicco usciranno tante spighe. Pensate, ad esempio, che se voi andate all'università di Perugia, la cattedra di agronomia, se esiste ancora, il primo agronomo ecologo in assoluto italiano degli inizi del Novecento, ha ritrovato qui ad Assergi che da un chicco di grano nascono 263 spighe.

C'è un fenomeno meraviglioso, quella parabola è proprio giusta. Perché da un chicco avviene un fenomeno che si chiama accestimento e praticamente genera tanto, tanto grano. Sono arrivate le concentrazioni chimiche, siamo arrivati sempre più avanti e sta succedendo la fine del mondo.

Sta succedendo la fine del mondo perché è vietato scambiarsi i semi e riseminarli, ti mettono le manette, ma devi acquistare i semi da chi li produce. E mentre, una volta, tutte quante le prove venivano fatte in pieno campo, oggi, tutto si fa a tavolino, solo con un obiettivo: quello di aumentare le proteine e aumentare la resa. Nel 1902 si scopre, per la prima volta, un'intolleranza sui cereali che si chiama celiachia.

Vogliamo un forte aumento di proteine, il glutine non esiste, nel frumento non esiste, il glutine si forma nell'impastamento e l'impastamento. Quando si forma quest'impastamento è perché due proteine, la gliadina e la glutenina, si mettono insieme, formano la maglia glutinica che trattiene, nel caso del pane, l'amido perché poi dovrà essere attaccato da un enzima che si chiama amilasi, deve liberare lo zucchero che vi lievita, lo fermenta, produce alcol etilico, produce anidride carbonica e forma i buchi. 

Oggi dobbiamo fare sempre più proteine perché dobbiamo demonizzare i cereali e dobbiamo soprattutto far sì che questo alimento sia nutraceutico e funzionale. Funzionale a chi non lo so.

Abbiamo seminato, si arriva la raccolta e qui torna il bambino. Il bambino che sognava di sentire quel trenino sbuffante, quel famoso Landini, testa calda, che faceva lo sparo qui e uno al paese e arrivava di sera.

Era qualcosa di incredibile, si vedeva in lontananza dall'aia che stavano in attesa di questo trenino che aveva il trattore Landini testa calda, possibilmente con le gomme metalliche, quindi non aveva le gomme pezzate, aveva dietro la trebbia, la scala perché non c'era assolutamente l'imballatrice, ma si doveva fare nell'aia, non i covoni, ma dopo che si è trebbiato, sistemare la paglia che doveva servire tutto l'anno per gli animali. E soprattutto c'era dietro ancora un rimorchietto dove c'erano le cinte, se ritorniamo a quei tempi tutti quanti andrebbero in galera. Le norme di sicurezza non erano sicuramente in voga.

E allora voi pensate questa cosa, una festa, arrivavano i trebbiatori, ma prima di loro c'erano i mietitori e i mietitori non erano del posto, i mietitori si muovevano e venivano pagati in funzione di quello che andavano a mietere. E si facevano i covoni, si facevano a mano, si attaccavano con lo stesso grano. Pensate voi a quel famoso genetista di cui tutti quanti oggi parlano perché tutti vogliono fare quella pasta o quel pane che è diventato il primo pane italiano che è quello di Altamura fatto con un grano particolare, selezionato da questo genetista di Castel Raimondo, provincia di Macerata, di nome Nazareno Strampelli, che fa una selezione tra un grano nord-africano e un altro nostro per fare una cosa, passare la taglia.

Ma perché? Perché le spighe erano alte, circa un metro e ottanta e se pioveva, se tirava vento, il fenomeno era quello dell'allettamento. E allora si andava avanti con tutta questa selezione granaria che avveniva naturalmente. 

Pensate, voi in quel ventennio qualcuno faceva la battaglia del grano e si andava a coltivare il grano ad altezze impensabili. Voi pensate in Abruzzo un noto genetista, non famoso come Strampelli, Giulio Fiore, seleziona un grano chiamato alpinista perché veniva coltivato a 1600 metri. Oggi ci domandiamo. ma chi ci va a 1600 metri? E addirittura l'industria delle trebbie di allora fecero un'operazione, delle trebbie piccole che dovevano andare in montagna e lungo quei viottoli di montagna che partiva dal mare e arrivava fino alle colline. Più si andava in alto più la trebbia era sempre più piccola.

Quando la mietitura si faceva a mano era una meraviglia e con lo sfalciare con maestria si facevano i covoni. Oggi molti non sanno nemmeno che cosa sono i covoni con i quali faceva il castelletto con tutte le spighe stavano dentro. Perché? Se stavano fuori arrivavano gli uccelli e se le mangiavano, se arrivava la pioggia e l'umidità si ammuffivano. I contadini sapevano gestire il grano tagliato senza aver fatto né studi né ricerche ma per quella tradizione di nozioni tramandate anche in silenzio.

Si aspettava poi che la trebbia arrivasse, uno o due giorni prima si riportavano nell'aia e si faceva il cumulo grande. Ed era qualcosa di incredibile, ed era il paesaggio agrario.

A partire dagli anni sessanta del novecento, grazie alla tecnologia, abbiamo distrutto il paesaggio agrario per avere grandi produzioni. Giustissimo, però dobbiamo essere anche coscienti e coerenti in quello che si dice. Vogliamo la sostenibilità ambientale? Vogliamo la sostenibilità produttiva? Vogliamo la salvaguardia del paesaggio? Abbiamo sostituito tutto quanto questo con delle macchine enormi che non vogliono né siepi né alberi. ma campi perfettamente puliti. E che cosa abbiamo generato? Abbiamo generato dei deserti coltivati. Perché? Troveremo solo quello e prossimamente saranno sostituiti questi deserti coltivati dai deserti con i pannelli fotovoltaici.

Nel 1961 una scrittrice americana di nome Rachel Carson, vi invito a leggere il libro, si chiama Strng Seeds, ha fatto un'operazione semplice, la mattina apriva le finestre e non sentiva più il rumore di nessun uccellino. Perché? Che cosa è successo a partire da quegli anni? Vogliamo un grano che ha più proteine, che non ha sementi estranee, che non deve avere papaveri. Pensate che tristezza, io vi guardo a tutti, i miei occhi vi guardano a tutti, siamo tutti diversi, bellissimi.

Che tristezza, vedere un capo di grano tutto piatto e amorfo.

C'è una nuova tendenza di un grande genetista, oggi è un ragazzo di 86 anni, è mio professore di genetica all'università di Perugia, il professor Salvatore Ceccarelli che lascia tutto, lascia la carriera universitaria a 43 anni, praticamente lascia tutto e fonda il centro Icarda ad Aleppo in Siria, torna e va dicendo una cosa estremamente semplice.

Oggi le selezioni si fanno a tavolino, noi dovremmo avere un po' più di rispetto dalla natura. E allora si seminano 1600 varietà di grano diversi insieme. E perché? Perché ci sta quello alto, ci sta quello basso, le radici sono fittonanti, le radici sono trasversali e ci succede qualcosa di meraviglioso. Senza fare nessun trattamento riservante, io mantengo la salvaguarda delle infestanti. E qual è la cosa bella? Che da questo miscuglio di 1600 varietà di grani messi insieme, vorremmo andare a selezionare un grano tipico per ogni territorio ed è qualcosa di incredibile. Invece adesso che cos'è? Che tutti i grani devono andar bene per tutti i territori”.

Seghetti ha continuato parlando del grano Senatore Cappelli che secondo Nazareno Strampelli doveva essere la salvezza del Tavoliere delle Puglie.

Nella maggior parte delle case c’ea un mobile importante LA Madia che in uno dei cassettini conservava un vero tesoro lu bardascio ‘nfasciato che altro non era la Pasta Madre lievito naturale usato per la produzione dei lievitati.

Ogni famiglia aveva il suo pane. Per 7.000 anni la definizione di pane è stata semplicissima: un impasto di sfarinati di cereali, il primo è stato fatto col miglio, quindi sfarinati, acqua, lievito, eventualmente salata e cotta. E che si faceva? Si faceva ossigenare, perché si forma la maglia glutinica, deve prendere l'ossigeno, l'ossigeno serve nella prima fase per far fermentare e per far fare i buchi. Quando poi metterò in fuoco a 245 gradi l'alcol etilico se ne va e rimane un'occhiatura. 

Il pane si faceva una volta la settimana ed era sempre ottimo.

Il pane oggi viene disprezzato, ma è il primo degli alimenti, dovunque si va è la prima cosa che si porta a tavola e non stanca mai.

Dopo la relazione del Prof. Seghetti la parola è passata all’imprenditore Gianluigi Peduzzi proprietario e presidente del pastificio Rustichella d’Abruzzo.

Peduzzi ha parlato del consumo della pasta in Italia nazione con la più alta produzione al Mondo.

“Un tempo la pasta veniva venduta sfusa su carta blu per quella bianca e su carta rossa per quella integrale. L'Italia produce circa 3.800 tonnellate di pasta in Italia, 2.500 tonnellate di pasta interna e 2.500 tonnellate di pasta sfruttate. Quindi, le aziende e gli industriali che hanno utilizzato una temperatura alta di 70°C hanno reso questo grano più duro, più tenace e quindi con una durata più lunga.

Il pastificio alla morte del nonno passò alla madre, ma la produzione era dispendiosa e non automatizzata, l'unica cosa che poteva fare era una piena trasformazione nella produzione di pasta integrale.

Nel 1981 il pastificio Sergiacomo diventa Rustichella d’Abruzzo riproponendo cose tradizionali come simbolo di qualità e genuinità. Fu proposta la pasta integrale confezionata nella carta, trafilata in maniera antica con le trafile in bronzo.

Prima della produzione della pasta i Pedruzzi erano i primi produttori di Gassosa molto in voga come una specie di spumantino da bere insieme al vino rosso.

Nel 1991 ci fu l’esordio della pasta di farro molto apprezzata in America. Negli anni Settanta furono prodotti circa 900.000 tonnellate di pasta, attualmente la produzione arriva a circa 2.300 tonnellate di pasta.

Per avere una pasta che cotta rimane al dente bisogna utilizzare grani di alta qualità. Molto spesso il colore della pasta dipende dagli zuccheri che si caramellizzano dando il colore scuro alla pasta. Qual è il colore migliore, quella più chiara o quella più scura? Giallo, scuro e bianco.

L'Italia non è stato un Paese che ha prodotto grano fino al novecento. Il grano era importato dagli Stati Uniti, dall'Ucraina.” C'è il famoso Tagalog, che è un grano importante che veniva utilizzato in Italia. Infatti la maggior parte dei pastifici in quegli anni erano costruiti vicino ai porti. 

In Italia abbiamo una discesa di consumi, perché, magari prima la pasta si mangiava un po' di giorno, si mangiava un po' di sera, cosa che non è una media di 23 kg al giorno, però sappiamo che in Sicilia si mangiano 36 kg e a Milano se ne mangiano 11 kg”. 

A conclusione di questi importanti interventi il Prefetto D’Andreagiovanni ha tirato le fila ringraziando i partecipanti ricordando quali sono gli obiettivi del Rotary e quanto viene effettuato dal club Terra dei Vestini per perseguirli con soddisfazione.

Gli ospiti si sono poi recati presso la tenuta Di Giovacchino di Picciano per assistere alla rievocazione della trebbiatura fino alla raccolta dei chicchi e alla produzione di una bianca farina tipo 0.

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