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Inaugurata all'Ipssar De Cecco la mostra 'L'eredità di Falcone e Borsellino'

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“Il Governo è fortemente impegnato nella lotta contro la mafia e la criminalità organizzata, abbiamo lanciato gli Stati Generali, le nostre Forze dell’Ordine sono concentrate sul sequestro e la confisca del patrimonio di tali organizzazioni. Ma la vera sfida si gioca nella scuola, dov’è possibile una rivoluzione culturale, dov’è possibile e facile eliminare quella scorza che fa apparire i nostri ragazzi come apatici, basta poco per farli appassionare e per far conoscere loro l’esempio di chi ha dato la vita per lo Stato”.

Sono le parole con cui stamane il Sottosegretario alla Giustizia Federica Chiavaroli ha salutato, nell’Aula Magna dell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’, gli studenti e gli ospiti che hanno partecipato all’evento inaugurale della Mostra fotografica ‘L’Eredità di Falcone e Borsellino’, realizzata dal Miur e dall’Agenzia Ansa, e organizzata nell’ambito della 21a edizione del Premio Nazionale ‘Paolo Borsellino’, mostra che resterà visitabile sino al prossimo 29 ottobre. Tante le personalità che, coordinate dalla Dirigente Alessandra Di Pietro, hanno partecipato all’iniziativa, tra cui il Direttore dell’Ufficio Scolastico regionale Ernesto Pellecchia, il Presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, il sindaco di Pescara Marco Alessandrini, il Presidente del Premio Borsellino, Gabriella Sperandio, e il fondatore del Premio Leo Nodari, oltre al Rotary Club Pescara, e ad alcune associazioni come il Fai, Italia Nostra e la Lega Italiana Lotta ai Tumori, e a molti dirigenti scolastici.

“In questi giorni – ha detto il Direttore Pellecchia – abbiamo rivissuto i fulgidi esempi di quei servitori dello Stato che nell’espletamento del proprio dovere hanno messo in gioco la loro vita e l’hanno sacrificata non arretrando di un passo. Il loro ricordo nelle scuole è fondamentale come elemento di trasmissione dei principi della legalità, e lo aveva capito anche il Generale Dalla Chiesa che nei suoi 100 giorni da Prefetto si adoperò nel sociale, tra le famiglie, parlando agli studenti, perché sapeva che quella era la strategia giusta per arginare il fenomeno mafioso, per smuovere le coscienze, e infatti entrò subito nel mirino della mafia e a 3 mesi dal suo insediamento perse la vita con la moglie e con gli uomini della sua scorta”.

“Ogni giorno ci chiediamo cosa possiamo fare come educatori perché il rispetto delle regole sia sentito come un valore profondo dai nostri ragazzi – ha affermato la dirigente Di Pietro -. Ebbene, al di là delle sanzioni e della repressione, la cultura della legalità passa soprattutto dalla prevenzione che non si fa nelle aule di un Tribunale o nelle questure, ma si fa dentro la scuola, dove si ha la possibilità concreta, reale, di incidere sulle coscienze e affermare il rispetto delle regole, di sé e degli altri, come valori non teorici, ma agiti nel quotidiano. La scuola è il luogo in cui costruire e agire. E il senso della mostra fotografica che quest’anno l’Istituto Alberghiero ospita per la regione Abruzzo, è la prevenzione che passa attraverso la testimonianza non di modelli teorici, ma di persone reali. La mostra ci racconta, infatti, attraverso 150 scatti, la vita e l’attività dei giudici Falcone e Borsellino, resterà aperta alla città e alle scuole sia di mattina che di pomeriggio fino al 29 ottobre e saranno i nostri studenti dell’Indirizzo Accoglienza Turistica a guidare i visitatori, a fare da ‘ciceroni’. E’ stata allestita per la prima volta nel 2012 a Palermo e inaugurata dal Presidente Napolitano, ma oggi la vediamo, disposta su 30 pannelli bifacciali, aggiornata e arricchita con molto materiale fotografico e documentario proveniente non solo dagli archivi dell’Ansa, ma anche dagli album di famiglia di Falcone e Borsellino. E vi ritroviamo le immagini della loro infanzia, il matrimonio e poi le immagini più politiche, quelle dei processi, degli attentati, e infine le immagini liberatorie della risposta collettiva dei palermitani ai due omicidi, i cortei, le catene umane, gli slogan, la reazione del popolo alla Mafia, quindi vediamo la testimonianza non di due eroi, che sarebbero troppo lontani e difficili da seguire, ma di due persone che hanno vissuto in pieno il proprio ruolo di cittadini”.

“Il Premio Borsellino – ha ricordato Leo Nodari – nasce dall’appello che raccolsi a Teramo, il 3 dicembre del ’92, dal giudice Caponnetto, il ‘papà’ del pool antimafia che riunì Falcone e Borsellino, di non dimenticare i due magistrati. E da 24 anni continuiamo, ogni anno, a ricordarli e la risposta delle scuole è sempre straordinaria. Oggi più che mai, a fronte di quello scollamento tra Stato, Società e Istituzioni, che stiamo vivendo, è importante che ci siano educatori che raccontino ai ragazzi non solo chi erano Falcone e Borsellino, ma chi erano tutte le 632 vittime della mafia, persone che pur sapendo cosa rischiavano non hanno mai fatto un passo indietro. Falcone e Borsellino sapevano che il tritolo era arrivato per loro, ma sono rimasti a Palermo. E i ragazzi oggi vanno alla ricerca di questi modelli, di uomini con la schiena dritta perchè ricordiamo che la ‘terra di mezzo’ non esiste, o si sta con Borsellino o con chi ha messo la bomba che lo ha ucciso, o stiamo con chi ruba o con lo Stato”.

“Il Premio Borsellino non mi è mai neutro – ha ricordato il sindaco Alessandrini, figlio del giudice Emilio Alessandrini ucciso a Milano negli anni del terrorismo -. Ricordo la data del 23 maggio 1992, era un sabato, e sulla strada che dall’aeroporto di Palermo porta a Punta Raisi hanno fatto saltare in aria il giudice Falcone con la moglie e 3 agenti della scorta. Il 19 luglio, poche settimane dopo, in via D’Amelio il giudice Borsellino, colui che ne aveva idealmente raccolto la staffetta, fece la stessa fine. Ricordo le telefonate di mia nonna in lacrime, sono passati 24 anni e la coscienza civile del Paese ha portato il suo doveroso tributo di gratitudine ai due ‘eroi borghesi’. Falcone e Borsellino ci restituiscono un pezzo drammatico della storia d’Italia, il senso della brutale violenza di Cosa Nostra, che ci fece ripiombare al 6 gennaio 1980 quando il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella venne ucciso sotto casa e morì tra le braccia dell’attuale Presidente della Repubblica Mattarella. E allora è importante la prevenzione e il senso del Premio stesso è nell’ideale staffetta generazionale per raccontare a chi non c’era cos’è successo in questo Paese”.

La manifestazione si è chiusa con un momento musicale, e con la lettura di una lettera di Borsellino da parte del docente Edoardo Oliva, seguito dai saluti del Presidente del Premio Gabriella Sperandio e di Oscar Buonamano, per poi aprire la visita alla Mostra.

 

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