Monia Di Domenico, psicologa di 43 anni uccisa l’11 gennaio 2017 da Giovanni Iacone perché aveva avuto l’ardire di chiedere il pagamento del canone di locazione scaduto oramai da mesi. Una semplice e normale ragazza con una vita tutta da vivere con obiettivi e speranze troncate con una immensa ferocia da un uomo che si è voluto accanire su una giovane donna per pura crudeltà.
La ferocia di Iacone è stata enorme ed in prima istanza era stato condannato a 30 anni di reclusione, ma la corte di appello ha ridotto la pena da 30 a 17 anni con la motivazione che non si riconosceva, nell’efferato delitto, l’aggravante della crudeltà. Strano codificare la crudeltà come non esistente per un uomo che ha praticamente straziato il corpo della povera Monia. Allora quale e quanta ferocia è necessaria perché si possa parlare di crudeltà?
“È molto peggio del giorno in cui è stato uccisa. Peggio perché oggi per seconda volta l’ha uccisa la giustizia” così si espressa la mamma di Monia Doretta Di Domenico.
Nel pomeriggio a Pescara è stato organizzato un flash mob e tante le persone presenti attonite ed indignate per una giustizia fatta di ipotesi e di pensieri troppo personali. In piazza era presente anche la mamma di Jennifer, la ragazza uccisa dal fidanzato perché lo stava lasciando.
Ancora troppi e poco riconosciuti i femminicidi in Italia. Gli uomini si accaniscono sulle donne, sulle loro compagne o anche su quelle che come Monia era andata a far valere un proprio diritto per il pagamento di canoni di locazione. Le donne sono per troppi uomini tabù da sconfiggere, troppi uomini non riescono a crescere nell’attuale società e non accettano che sia proprio una donna che glie lo fa notare, una donna che, a loro pensare, dovrebbe essere loro grata solo perché hanno la loro attenzione.
Ma poi l’attenzione, che non è mai amore e rispetto, non è più sopportabile e le donne, raramente e non sempre in tempo, decidono di lasciarli. Ed ecco la furia, l’ira di vedere la loro sottomessa ribellarsi e decidere della propria vita libera da un gioco divenuto oramai troppo pesante.
Le donne devono imparare a rispettarsi e a farsi rispettare e gli uomini devono capire che prima di ogni forma di amore esiste il rispetto.
Chi sa rispettare sa amare, sa dare amicizia e, anche se con dolore, riesce a sopportare anche la fine di un rapporto.
Le persone che restano dopo la tragedia sono attonite e tanto è il dolore che lo hanno impresso nel viso e negli occhi sempre umidi come quelli dei genitori di Monia in piazza per dimostrare di esser lì per ricordare la propria figlia e chieder giustizia, una giustizia vera non fatta di mere ipotesi.
Così dopo questa sentenza Monia è morta per la seconda volta per mano di chi non ha usato il coltello ben 17 volte, o le pietre ben 16 volte o un pezzo del piano di vetro del tavolino di cristallo infilato con forza nella gola fino a farla soffocare con il suo stesso sangue, con crudeltà ma solo per…
Non c’è risposta a questa sentenza non ci può essere risposta ad una sentenza che crudelmente ha negato la crudeltà dell’assassino.