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All'Istituto Alberghiero il primo incontro sul tema ‘L’Eredità di Falcone e Borsellino’

la redazione
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“Ai ragazzi dico sempre di essere e restare uomini liberi, non chiedete raccomandazioni, non bussate alle porte per chiedere favori perché prima o poi torneranno a chiedervi la restituzione di quei favori. Oggi dobbiamo alzare l’asticella dell’attenzione perché si parla troppo poco di mafia, l’interesse va scemando, e invece parliamo di un fenomeno più attuale che mai, solo che ha cambiato forma ed è quella che, per ora, ha smesso di sparare ma comunque ci condiziona, ci costringe a bussare a una porta per ottenere qualcosa”.

Sono le parole rivolte dal Generale Angiolo Pellegrini agli studenti dell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ al primo incontro odierno organizzato sul tema ‘L’Eredità di Falcone e Borsellino’, promosso nell’ambito del XXV Premio Nazionale ‘Paolo Borsellino’. Presente all’iniziativa, coordinata dalla Dirigente scolastica Alessandra Di Pietro, anche il Procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Pescara Anna Rita Mantini, Daniela Puglisi per l’Ufficio Scolastico provinciale, Francesca Martinelli volontaria e tra i promotori del Premio. Tra gli ospiti in platea il Comandante della Capitaneria di porto Salvatore Minervino, il Presidente dell’Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria in pensione Antonio Mariani, il Garante regionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza Concetta Falivene, l’avvocato Orecchioni esperto di legalità, il docente Don Antonio De Grandis, Presidente del Tribunale Ecclesiastico, il prefetto emerito Vincenzo D’Antuono, il Presidente dell’Associazione Nazionale Cavalieri del Lavoro Annamaria Di Rita, il sindaco emerito Marco Alessandrini, e gli studenti delle classi IV indirizzo Accoglienza sezione E, classi V indirizzo Enogastronomia sezioni C ed E, indirizzo Sala e Vendita sezione C.

“Credo sia evidente l’importanza dei momenti formativi affrontati dal Premio ‘Borsellino’ che ci permette di ripercorrere la storia del nostro Paese – ha detto la dirigente Di Pietro – negli anni ’80, ovvero gli anni delle grandi stragi di mafia, quando in Italia c’era una vera e propria guerra in atto che colpiva lo Stato e gli uomini delle Istituzioni. Da qui l’importanza e il valore della memoria, che dev’essere forte, e l’incontro con i testimoni di quegli anni, come il Generale Pellegrini, per comprendere che non dobbiamo mai cedere le armi all’indifferenza dinanzi alla corruzione, che è forse la forma più grave dell’illegalità. E a tal proposito è importante conoscere il passato per agire e cambiare il presente e riconoscere la mafia odierna, la mafia trasparente, quella radicata nei nostri territori”.

Quindi la parola al Generale Pellegrini, uomo di fiducia del Pool antimafia di Falcone e Borsellino, protagonista di alcune delle più importanti indagini nei confronti di Cosa Nostra e autore del libro ‘Noi, gli Uomini di Falcone – La guerra che ci impedirono di vincere’.

“La Mafia a Palermo era più forte dello Stato e a un certo punto pensò di poter sfidare lo Stato senza avere conseguenze – ha ricordato il Generale Pellegrini –. In quegli anni ero a Reggio Calabria e mi venne annunciata la costituzione di un pool antimafia a Palermo dove avrebbero voluto la mia presenza, non ero molto convinto, ma ho accettato. Era il periodo dei corleonesi, di Michele Greco, feci la mia scelta e mi avvicinai all’Ufficio Istruzione. Nel frattempo è nato il pool con il giudice Chinnici, con il capo della Mobile Ninì Cassarà con il quale ho scritto per 44 notti il primo rapporto sulla Mafia. Ucciso il giudice Chinnici, arrivò Caponnetto che continuò le funzioni del pool. Poi il colpo di fortuna, ossia un mafioso che si è pentito e siamo volati in Brasile con Falcone per portare in Italia Buscetta, con 300 pagine di verbali e Buscetta che ha confermato 2-3 anni di indagini, ovvero ha confermato che avevamo capito cos’era la mafia. Poi arrivò la notte di San Michele del 1984 con 366 mandati di cattura a carico di altrettanti mafiosi e si arrivò al maxiprocesso, con Falcone e Borsellino che si ritrovarono all’Asinara e i 30 volumi di sentenza-ordinanza terminati con 19 ergastoli, 2.265 anni di reclusione, poi l’Appello e la Cassazione, ma c’era la politica collusa che si era rivolta a Salvatore Riina al quale avevano assicurato che non ci sarebbe stato il processo. Oggi sappiamo che Cosa Nostra esiste, la Mafia esiste come struttura e siamo riusciti a dimostrarlo dopo dieci anni di battaglia”.

“Quando sono arrivata, giovane magistrato, venticinque anni fa, alla Procura di Vasto - ha detto il Procuratore Mantini – l’Abruzzo era considerata una terra pulita, vergine. In pochi mesi mi sono accorta che invece saltavano cantieri, c’erano imprenditori del calcestruzzo che subivano attentati perché qualcuno non pagava, ma il problema vero era che il Procuratore ha l’obbligatorietà dell’azione penale, ma se le carte non arrivano sul suo tavolo non ha lo strumento per agire, ovvero se nessuno ha il coraggio di formalizzare ciò che vede, il fenomeno criminale resta lì. Io non sono riuscita a girarmi dall’altra parte e oggi i segni di quell’avventura investigativa e giudiziaria li porto con me, per due anni ho avuto una scorta, che ha avuto conseguenze anche sulla famiglia, sui miei figli. Ma so di aver fatto ciò che ogni Procuratore dovrebbe fare in un territorio che è funestato dalle più grandi discariche l’Europa, ovvero presidiare il territorio, seguire il percorso dei soldi quando non sappiamo da dove arrivano.

Poi il ruolo della politica, che è un elemento positivo in sé, ma quando vi accorgete che ci sono delle penetrazioni dei luoghi del potere, dentro la Asl, dovete sempre avere il coraggio di segnalare, non dobbiamo assuefarci ad accettare in maniera omertosa una verità che non ci piace. Purtroppo negli ultimi anni anche la Procura ha avuto un crollo di credibilità, è superattaccata, che significa rendere la magistratura più fragile, eppure la magistratura non è il terzo potere, ma è parte del contesto costituzionale, piuttosto è un potere diffuso. Uno dei settori economici più esposto al rischio di infiltrazioni mafiose è quello enogastronomico, pensate che in periodo di pandemia, quando tutto era chiuso, sono nate in Abruzzo tante imprese del settore, con un saldo positivo e questo è un segnale d’allarme”.

Durante la giornata il docente e attore Edoardo Oliva ha letto un brano del libro di Pellegrini, a chiudere l’incontro sono state le domande degli studenti e dei docenti e a fine incontro la responsabile del Premio Martinelli ha annunciato che tra i premiati della XXV edizione ci sarà, quest’anno, la professoressa Rosa De Fabritiis per l’impegno profuso nel portare avanti il progetto legalità nell’Istituto ‘De Cecco’.

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