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Basta fare gli ecologisti con il sedere degli altri

Evitare di andare a votare a questo scellerato referendum, con i suoi perché.

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Il 17 Aprile 2016, il popolo italiano è chiamato alle urne per l’ennesima volta. Stiamo parlando del referendum sulle trivellazioni nel mare italiano non al di sopra delle 12 miglia, concetto che affronteremo tra pochissimo. Infatti, il referendum che c’è stato posto, anche grazie a una decina di regioni italiane, recita una semplice e anche districata frase, che riassunta e semplificata non è altro che “volete che vengano fermate immediatamente le trivellazioni nel mare, entro le 12 miglia, ancora prima che scadano le concessioni?”. Se dovesse vincere il SI, allora, verrà abrogato l’articolo 6 comma 17 del codice dell’ambiente.

Se il referendum non dovesse raggiungere il quorum, ovvero la metà dei cittadini aventi diritto, o dovesse vincere il NO, le estrazioni entro le 12 miglia continueranno a essere effettuate fino a quando le concessioni lo permetteranno e il combustibile sarà presente. Il comma 17 del decreto legislativo 152, vieta già, la coltivazione e la ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi entro le 12 miglia del nostro mare. Il referendum in questione non cancella definitivamente tutte le piattaforme che operano nel nostro mare, ma solamente 21 delle 66 concessioni in operazione. Questo significa, che nel giro di una decina di anni, la maggior parte dei 48 impianti in discussione lasceranno la nostra nazione. In Italia, solo con le piattaforme che lavorano entro le 12 miglia marine, estraiamo quasi il 10% del petrolio italiano e il 17% del gas. Se volessimo parlare della quantità totale del petrolio estratto nel nostro paese, noi, siamo la seconda nazione, dopo la Danimarca per produzione. Per quanto riguarda il gas, siamo il sesto paese per produzione e il quarto per riserva (parlando del contesto europeo).

La vittoria del SI in questo referendum, significherà un crollo di produzione, nell’arco di dieci anni, sia di petrolio e sia di gas. Se volessimo parlare di posti di lavoro, andremo a perdere 10.000 posti di lavoro. Contando anche l’indotto esterno, il grave calo lo possiamo decifrare con quasi 20.000 lavoratori rimandati a casa. L’insieme dei processi di ricerca e coltivazione di idrocarburi in Italia, genere una crescita economica di circa 1,2 miliardi di euro l’anno. Per quanto riguarda la ricerca, parliamo di 630 milioni di euro di investimenti a favore di ricercatori e università. Se volessimo utilizzare tutte le riserve di idrocarburi nel nostro territorio, l’Italia potrà godere di quasi 10 miliardi di euro di investimenti, nel quadro quadriennale, da partner stranieri ed Italiani, evitando di contare l’impatto sull’occupazione, che si attesterà alle 50.000 unità. Per noi va bene, vero? Tanto vale farli investire in Croazia. Ricerche alla mano, ci mostrano che fino al 2030 l’Italia avrà ancora bisogno di idrocarburi, che adesso, importiamo quasi per il 90%.

La crescita economica verrà interrotta immediatamente. Vorrebbero farci credere che in questo referendum si parli di petrolio, ma sapete le piattaforme ENI, per esempio, quanto ne estraggono ancora oggi? L’azienda italiana ENI, oggi, estrae solo il 7% di oli dalla nostra terra, significa che, il 93% dell’estrazione è GAS, l’unico, ancora adesso, considerato “energia pulita ancora accessibile”. La contraddizione di questo fantastico referendum, sta nel fatto che non si vieta ASSOLUTAMENTE la ricerca e la perforazione oltre le 12 miglia, ma nemmeno la perforazione sulla terra ferma. Le organizzazioni favorevoli al SI, hanno parlato di numerosi e ingenti danni al turismo, delle coste italiane, ma hanno dimenticato che regioni come Emilia Romagna, Basilicata e Sicilia, registrano ogni anno picchi di turismo elevatissimi. Le motivazioni che mi spingono a restare a casa o se fossi costretto voterei NO a questa scellerata idea di referendum, sono tante. Oltre alla perdita occupazionale italiana, nel caso di vittoria del Sì, i nostri mari nell’arco di una decina di anni saranno le autostrade marine per le enormi imbarcazioni che trasporteranno da altre nazioni, gas e petrolio. In Italia, cambiare immediatamente idea riguardo inquinamento e utilizzo di forme rinnovabili non è così semplice, come molti ambientalisti e politici possano pensare. Basta vedere in quanti utilizzano l’auto anche per piccoli spostamenti di pochi chilometri, come quante persone si rifiutino di utilizzare mezzi pubblici anche in grandi città, come tanti di noi non vedono l’ora di prendere la patente e poter utilizzare l’automobile senza un valido motivo.

Oggi, in Italia, non è possibile voltare pagine in merito a questo stile di vita e questa idea di energia pulita. Siamo in un’era di consumismo, siamo in un periodo che qualsiasi cosa ci richiede spostamenti obbligati, sia con macchine e sia con treni e aerei. Adesso, non possiamo guardare immediatamente al futuro e cambiare l’idea degli italiani da un momento all’altro. Sono dei piccoli passi che potrebbero far girare la testa del popolo dal “lato verde”. In questi anni, utilizzare le nostre risorse non è altro che un vanto per la nostra terra. Utilizzare quello che l’ambiente ci riserva è crescita per la nostra nazione, più occupazione e più entrate nelle casse dello stato. L’ecologia e l’idea ambientalista italiana, è uno dei principali deficit inflitti alla nostra nazione. La crescita, non è data solo ed esclusivamente da fonti verdi ed ecologiche, ma soprattutto da altre energie che non sono rinnovabili. Uno dei gap principali della nostra economia è l’importazione di gas, metano e petrolio, di cui, come dicevo prima, non ne potremmo fare a meno. Ci fanno credere che possiamo utilizzare il metodo della Costa Rica, ma dimenticano che questa nazione, ormai verde al 100%, è una delle prime che utilizza quasi per il 70% energia idroelettrica grazie all’abbondanza delle piogge nel suo territorio e soprattutto non ha bisogno di fare conti con la popolosità del suo territorio (5 milioni di abitanti, a differenza dei 60 milioni dell’Italia). Il problema fondamentale degli italiani e dei fanatici ecologisti, è che siamo un popolo che si attacca facilmente a populismi. Come possiamo lottare contro “le trivelle” se siamo i primi che inquinano evitando il riciclaggio, utilizzando anche per piccoli spostamenti l’automobile, evitando di revisionare gli scarichi dei nostri veicoli e chi più ne ha più ne metta? In Italia, una delle problematiche più grande, sollevata sempre dagli stessi ecologisti, è che nessuno potrà mai permettersi di costruire parchi eolici, altrimenti, Dio mio, scatenerebbero la terza guerra mondiale.

Ma, allo stesso tempo sono quelli che chiedono energia rinnovabile, sono quelli che vogliono un mondo senza trivelle, un mondo senza combustibili fossili, un mondo verde. Vorrebbero, i buonisti ecologisti, un’Italia genuina e bella, senza estrazioni di petrolio e gas, senza parchi eolici, nessun pannello solare nei nostri terreni. Loro, sono quelli contrari anche alle energie idroelettriche, non sia mai costruire una diga, guai a chi tocca un fiume, bene prezioso dell’umanità, ma dove, loro stessi, sversano fiumi e fiumi di liquami tossici facendo finta di non sapere, d’accordo con i principali partiti politici e amministrazione comunali e regionali (vedi Pescara e Abruzzo, anno 2015/16). Ebbene sì, hai appena letto partiti politici. Loro sono anche il problema della crescita economica e energetica del nostro Paese. La politica, zeppa di populismo e piena di bandiere che sventolano dove le porta il vento. Adesso, il vento soffia nella direzione del SI, infatti, come possiamo notare, da destra a sinistra tutti si schierano contro “le trivelle”. Ma guarda un po’. I fautori dello sblocca Italia, ora, sono tutti contrari alla trivellazione dei nostri mari. Probabilmente siamo vicini a elezioni amministrative ed è probabile che anche loro abbiano capito qual è la forza del populismo. Poveri noi, come possiamo credere che la nostra fantastica Nazione, la madre della storia, della cultura, della letteratura, dell’arte e della bella vita, possa rialzarsi da questo periodo economico disastroso se gli italiani non si prendono alcune responsabilità e si apprestino a cominciare un periodo di crescita economica ed energetica come quella che ci richiede questo nuovo millennio? Siamo molto bravi a parlare, chiacchieroni lo siamo e per sempre lo saremo, ma non dimentichiamo che adesso è l’ora di prendere delle decisioni. Adesso non possiamo tirarci indietro, abbandoniamo l’idea dello stato sociale, avviamo la rivoluzione liberale che il mondo ci richiede da tempo.

Siamo ancora fermi a preoccuparci di questa Europa inesistente e soprattutto siamo ancora convinti che la nostra idea di ecologia sia andare a votare SI a questo referendum, per poi tornare a casa, abbuffarsi con tutta la famiglia ed uscire con l’automobile giusto per il gusto di farsi una passeggiata, lasciare le luci accese nelle case con la scusa di utilizzare lampade a risparmio energetico, continuare a tenere riscaldamenti accesi con la certezza che se si sente caldo bisogna aprire la finestra di casa, ma non sia mai spegnerlo. Caro popolo italiano, cari compaesani, basta credere che un semplice voto ci possa far sentire le persone migliori al mondo. Il passaggio a energia pulita non possiamo farlo da un giorno all’altro, ancora per anni, abbiamo bisogno di altre fonti di energia non rinnovabili, arrendiamoci al concetto di “energia pulita” se poi siamo sempre quelli che odiano e non utilizzano il trasporto pubblico anche per arrivare in centro città. Per questo io non andrò a votare questo referendum, le regole del gioco sono fatte molto bene e parlano di quorum, ebbene sì, io giocherò in questo modo. Sono anch’io favorevole all’energia pulita e alle forme di energia rinnovabile, ma semplicemente, come ho spiegato prima, siamo in un’era che non ci permette di poter pensare a nuove forme di energia se non adottiamo il concetto di “vivere sano” come in molti altri paesi del mondo stanno già facendo. Ho sempre amato dire la mia verità, non mi sono mai obbligato a pensare quello che più fa piacere alla maggioranza e semplicemente non amo fare l’ecologista con il culo degli altri.

 

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