Al termine di una delle peggiori settimane per il Calcio italiano, i tifosi del Delfino sono fra quelli che si sono potuti permettere almeno un sorriso. La buona prestazione contro una Pro Vercelli ben impostata, ma tecnicamente inferiore agli adriatici, ha riportato questi ultimi in una posizione di classifica più dignitosa, rispetto a quella, cui gli ultimi deludenti risultati, l’aveva fatta scivolare. Dopo quindici giornate, la squadra allenata da Zeman può vantare un bottino di venti punti, frutto di cinque vittorie, altrettanti pareggi e sconfitte; venticinque sia le reti messe a segno, che quelle subite. Un impressionante “equilibrio” di risultati che ci vede appena fuori dalla zona play off: non male, tutto sommato, per un gruppo fin qui abbastanza contestato dall’ambiente. E’ vero che da una neo-retrocessa ci si attende fin da subito il massimo, ma questa non è una Rosa costruita per vincere il Campionato, bisogna farsene definitivamente una ragione. L’eventuale raggiungimento del massimo obiettivo ipotizzabile (i play off), sarà semmai il frutto del tanto lavoro atletico, come di consueto imposto dal boemo, oltre che della sua impagabile bravura nel saper insegnare calcio ai più giovani. Come dire che l’allenatore potrà fare la differenza, se lasciato lavorare serenamente.
Tornando alla gara dello scorso sabato pomeriggio, va ricordato che, sebbene Zeman abbia disposto all’inizio, il quindicesimo schieramento differente, sui quindici possibili, sembra che ormai una “formazione base” si sia definitivamente delineata. In difesa, Fiorillo in porta, Crescenzi o Zampano terzini destri, Mazzotta il sinistro, Perrotta uno dei due centrali, accompagnato da un altro fra Bovo (favorito quando in forma), Fornasier e Coda. In pratica sistemato il centrocampo, nell'attesa di un auspicato ritocco a gennaio, con Carraro a coprire le spalle di Brugmann, finalmente leader della squadra, da vero capitano, e Palazzi. Momentaneamente accantonato il duo africano, Coulibaly e Kanouté, non ancora in grado di reggere mentalmente i novanta minuti, il primo rincalzo di reparto è senz’altro Valzania, in costante miglioramento, che nel corso del proseguimento di stagione potrebbe anche guadagnarsi i galloni da titolare. Anche il trio avanzato sembra definitivamente essersi assestato, con il talentuoso Capone (quando lasciato libero dagli impegni con la Nazionale giovanile), che accompagna Mancuso e la sorpresa stagionale Pettinari. Forse definitivamente smarrite le tracce di Ganz (addirittura Zeman sembra voglia puntare in futuro sul redivivo Cocco), anche Benali non sembra più rientrare nei piani del tecnico (valigie pronte per entrambi a gennaio?), mentre per Del Sole vale quanto detto sopra per i due colored di centrocampo, in altre parole deve imparare a meglio gestirsi quando inizia da titolare.
Ci sono, insomma, tutte le premesse per guardare con moderato ottimismo e fiducia al prosieguo di stagione. L’equilibrio in testa alla classifica regna più sovrano che mai, tant’è che potenziali squadre in grado di operare una “fuga” vera e propria, non se ne vedono all’orizzonte. Da segnalare che, in un momento storico in cui questo sport pare abbia toccato il fondo a livello di Nazionale, i titolari di Zeman sono per 10/11 italiani e alcuni di loro giovanissimi: un bel segnale per tutto l’ambiente.
In attesa del prossimo match in programma sabato pomeriggio in terra ligure, a La Spezia, contro un altro avversario, almeno sulla carta, abbordabile, riteniamo doveroso approfondire, anche all’interno del nostro editoriale, il tema dell’attuale crisi del “sistema calcio” in chiave tricolore. La debacle azzurra che, profeticamente, avevamo azzardato ad anticipare al termine dello scorso numero, ripetiamo debba essere colta come una grande opportunità di profonda riflessione, ma non solo per quanto concerne il mondo del pallone. Se è vero che la Storia dell’umanità, insegna come guardare meglio al futuro, affinché non si ripetano i medesimi errori, altrettanto importante è rendersi conto di cosa accade nel presente, per meglio spiegare gli accadimenti del Passato. Una miriade di esperti, che fossero archeologi, geologi, filosofi, ecc. da sempre si è posto un quesito, comune a tante culture sparse per l’intero globo terracqueo: cosa è potuto accadere a quelle civiltà, come la mitica Atlantide o quelle precolombiane, ma davvero se ne potrebbero elencare a decine, scomparse nel giro di pochissimo tempo, dopo aver dominato per secoli nei loro rispettivi territori? Le risposte più comuni hanno scomodato catastrofi naturali, epidemie virali, invasioni di altri popoli più evoluti, fino a ipotizzare le teorie fantastiche, come quelle “extraterrestri”. Se la soluzione fosse invece così semplice e logica, da apparire quasi scontata? Dopo aver raggiunto uno status di benessere e relativa pace, la deriva sociale e civica, conseguenza di scelte, frutto non di una corretta meritocrazia, bensì di raccomandazioni e favoritismi vari, permette ai mediocri di raggiungere i posti di comando, facendo così naufragare ogni rispettivo ambito di controllo. Una Nazione dove i migliori sono abbandonati al proprio destino, costretti a emigrare per non essere sopraffatti e le cui qualità vengono sottostimate a beneficio dei meno dotati, consente a chi gestisce il potere di mantenerlo sì, ma solo fino a quando il “sistema” non implode su se stesso, portandolo al declino, se non, addirittura, all’estinzione.
La caduta dell’Impero romano, non a caso, fu determinata sicuramente, anche dagli intrighi delle classi dominanti, ormai interessate quasi esclusivamente al mantenimento dei loro immensi benefici, così che le popolazioni barbariche, emarginate ai confini, approfittarono della situazione e, complice l’indebolimento sociale, in poco tempo penetrarono fino al cuore pulsante di Roma, spegnendone definitivamente gli antichi fasti. A nulla serve mettere sull’avviso, lo sappiamo fin troppo bene, il declino è forse inesorabile, ma una spiegazione bisognava pur darla … a lunedì prossimo!