“Odio il calcio. Odio profondamente chi lo gioca, lo discute, lo compra, lo vende, lo commenta. Odio chi ne parla convinto che interessi a tutti. Odio i giornalisti e i comici in tv ma odio sopra ogni altra cosa le giornaliste sportive che parlano di calcio. Odio i Presidenti e i figli dei presidenti, odio la loro decisione di pagare le tasse spalmandole. Odio i mister, mestiere che non serve a nulla, e odio i Direttori Sportivi e i procuratori. Odio il Calciomercato, il Totocalcio e il calcio scommesse. E odio appassionatamente i calciatori, come si pettinano, gelatinosi, come si vestono, le loro automobili tutte uguali, le loro veline tutte uguali; ma li odio sopratutto quando in campo cadono, sputano, bestemmiano, quando segnano un goal e si tolgono la maglia, quando parlano con dietro il cartello dello sponsor. Odio gli arbitri, i guardalinee e odio persino i giardinieri che tengono l'erba nello stadio cosi perfetta. Il calcio non va né visto né parlato né giocato, Il calcio va spento!!!!!!!!!!!!!!!!”.
Era il 2005, mese di maggio. Così si espresse un noto personaggio italiano, di cui preferiamo non fare il nome, giacché siamo in piena campagna elettorale, in merito allo sport più seguito al mondo. Non abbiamo scelto questo inconsueto incipit iniziale per confutarlo, in fondo potrebbe anche avere ragione, almeno in parte, ma piuttosto per dimostrare quanto sia incontrovertibile che esso susciti gli istinti più disparati, le emozioni maggiormente inattese e non segua logica alcuna. Se mostrassimo la videocronaca della doppia sfida (andata e ritorno) fra Delfino Pescara e Foggia a uno spettatore del tutto avulso alle regole di questo gioco e al termine gli chiedessimo di indicarci la squadra migliore, ebbene sicuramente dirà: “Quella con la casacca rossonera!”. Per nostra fortuna, come ha implicitamente rilevato anche Zděnek Zeman al termine della gara di sabato scorso, vinta dai biancazzurri grazie all’unica rete della partita, a firma Leonardo Mancuso, nel calcio vince chi la mette dentro.
I dieci punti conquistati dal Pescara nelle ultime quattro gare, che per inciso l’hanno nuovamente proiettato in zona play off, dopo aver temuto di precipitare in quella play out, sono indubbiamente frutto della celebre preparazione atletica estiva zemaniana, oltre che di una notevole dose di buona sorte, che ci auguriamo di non dover restituire in seguito, per una sorta di karma riequilibrante. Di certo non è merito del bel gioco, che le squadre allenate dal boemo, in genere tendono a mostrare. E’ un campionato mediocre, quello che si sta disputando in questa stagione, inutile negarlo. Tre squadre si mostrano almeno una spanna sopra le altre (Palermo, Frosinone, Empoli) e sembrano destinate alla promozione, mentre le altre diciannove si disputano quanto resta (play off e salvezza). Alla luce di ciò, potrebbe anche apparire logico il consueto comportamento del presidente, che durante i vari mercati, estivi o invernali non fa molta differenza, si mostra interessato quasi (il “quasi” lo inseriamo per beneficio del dubbio) esclusivamente alle plusvalenze da ricavare, presenti e future, anziché al rafforzamento della Rosa: in serie A non abbiamo speranza di andarci, con un allenatore bravo come Zeman non si rischia la retrocessione, per cui meglio pensare al solito bilancio. Le schermaglie in differita a suon di dichiarazioni alla stampa, che l’inconciliabile duo continua a scagliarsi reciprocamente, ormai da diverse settimane, potrebbero essere davvero causate da questa chiave di lettura. Per il tecnico, più maestro di calcio che allenatore, l’importante sarebbe comunque poter avere giocatori a lui consoni, a prescindere dall’obiettivo finale, mentre a livello societario le valutazioni si fanno in base al numero degli zeri in fondo alle cifre.
Un copione già scritto, quindi? Forse, ma sottovoce e senza presunzione alcuna, ci sentiremmo di consigliare Daniele Sebastiani sul da farsi, almeno in parte. E’ cosa ormai assodata che il grosso della tifoseria non lo veda più di buon occhio (e non da oggi), tant’è che lui riesce quasi a scherzarci sopra, sebbene a denti stretti, visto il carattere poco incline allo scherno. Ebbene, giacché proprio grazie alle doti del suo attuale amico/nemico Zeman, tutto sommato il Delfino, se ritoccato come l’allenatore chiede (senza troppe pretese per altro), potrebbe condurre in porto un campionato d’alta classifica, perché non accontentarlo, così da recuperare, almeno in parte, le simpatie della platea biancazzurra? Cosa gli costerebbe? In fondo potrebbe continuare i suoi affari con anche maggiore tranquillità e la salute non è cosa da disprezzare. Fare un passo indietro, con un pizzico di umiltà che finora non è mai stato in grado di mostrare, per realizzarne dieci in avanti. Tutto l’ambiente ne trarrebbe giovamento, lei in primis, ci pensi presidente.
Tornando alla gara di Foggia, diciamo per terminare che dal punto di vista squisitamente tecnico, ci ha lasciato un’unica e importante conferma: quando Marco Perrotta decide di scendere in campo concentrato e deciso a mostrare tutto il suo enorme potenziale, la difesa pescarese diventa quasi impenetrabile e anche le gare più difficoltose possono essere vinte. Nel frattempo la squadra è già tornata da ieri ad allenarsi, in vista dell’anticipo di venerdì prossimo. Farà visita all’Adriatico il Perugia di Roberto Breda, che all’andata, in panchina c’era ancora Federico Giunti, con un perentorio 4-2 a firma del duo d’attacco Di Carmine e Han, ci riportò a terra, dopo la roboante vittoria della prima giornata contro i satanelli pugliesi. Sarà l’ennesima gara ricca d’insidie, con gli umbri, reduci anche loro da un importante successo (2-0 alla Virtus Entella), che vorranno confermare la voglia di risalire in classifica, mostrata appunto sabato scorso. Non resta che sperare di proseguire il buon momento, almeno in termini di risultati, mostrato nel corso delle ultime partite, in attesa di capire cosa accadrà fino al termine del mercato di gennaio.