A pochi giorni dalla fine delle feste natalizie, lontani dal continuo via vai di amici e parenti e dall’ansia di cibo e doni, la signora Mafalda di Penne ci svela il segreto per fare le vere sfogliatelle abruzzesi. Uno tra i dolci tipici del Natale, che richiede tempo, pazienza e dedizione.
Sin dalla notte dei tempi, la sfogliatella è soggetto di una costante rivendicazione di paternità territoriale, non solo tra Lazio ed Abruzzo, ma anche tra comuni della stessa regione, seppur di differente fattura e tradizione. Ma la lotta non si limita a quella di lungo raggio, se ci si addentra più in profondità si scoprono anche rivendicazioni di “maternità” tra le donne di uno stesso paese, per il riconoscimento di quella originale o di quella migliore. Ed è così che da anni, generazioni di pasticciere casalinghe, si tramandano la propria ricetta insieme alla gelosia per la stessa e all’idea che sia la migliore in assoluto, “quella vera, che ha mangiato tutto il paese”.
Due giorni intensi passati con la signora Mafalda, tra lezioni di vita, rimproveri, e racconti di un tempo passato, per preparare le sue sfogliatelle. In largo anticipo per il Natale 2015, ben 11 mesi per provare e riprovare ad ottenere il risultato sperato; d’altronde, tra le prime lezioni da apprendere c’è che non si impara facendole una volta sola, ma soltanto dopo vari tentativi si riuscirà ad ottenere il risultato sperato. Il secondo punto fondamentale riguarda gli ingredienti: vanno utilizzati quelli migliori, preferibilmente acquistati da produttori locali (come la farina e le uova) o prodotti in proprio (come la marmellata d’uva, o “scrucchiata”).
Per l’impasto occorrono: 1 chilo di farina (e poco più per la spianatoia), 5 cucchiai di zucchero, 3 tuorli, 2 uova intere, 1 cucchiaio di sale, 250 ml di olio di semi, 250 ml di vino bianco. Per fare le sfoglie occorrono circa 9 cucchiai colmi di strutto, mentre per il ripieno: marmellata d’uva, cioccolato fondente ridotto in scaglie, granella di mandorle pelate e tostate, cannella, rum o altro liquore.
Come prima cosa bisogna disporre la farina su di un piano, versarvi sopra lo zucchero, mischiare bene e formare “il pozzo” al centro, dove mettere le uova e i tuorli. Cominciare a sbattere le uova con una forchetta, unire il sale, l’olio e il vino continuando a sbattere. Piano piano cominciare a “rubare” la farina con la forchetta e non appena diventa abbastanza solida cominciare a lavorare con le mani. Lavorare bene e a lungo, aggiungere ulteriore farina se lo si ritiene opportuno, e formare una palla liscia. Riporla in una ciotola leggermente infarinata, fare la croce su di essa, coprirla con carta stagnola, inserirla all’interno di un sacchetto di plastica e far riposare almeno una nottata in frigo. La mattina dopo va ripreso l’impasto e diviso in pezzi più o meno uguali per cominciare a fare le sfoglie e nel frattempo va messo a scaldare lo strutto in un pentolino. Stendere bene prima con il mattarello e poi con la macchina per la pasta, lentamente e con molta cura per renderle sottili ed evitare si rompano o vengano storte. Una volta ottenuto un numero di sfoglie adeguato della lunghezza desiderata, si può iniziare a sovrapporle: stendere sopra la prima un velo abbondante di strutto con un pennellino e porre sopra un’altra sfoglia, bucare le eventuali bolle d’aria, ripiegare gli angoli per renderle della stessa lunghezza e continuare fino all’ultima sfoglia. A questo punto si può formare un rotolo, cospargere di strutto e poi di farina, arrotolare con carta trasparente, poi con carta stagnola e mettere a riposare in frigorifero. A questo punto, se non si è preparato in anticipo, si può preparare il ripieno mischiando tutti gli ingredienti. Dopo aver fatto riposare i rotoli si possono riprendere e tagliare (con un coltello liscio e scaldato sul fuoco) a rondelle di circa un centimetro, passare nella farina e allargarli con il mattarello; mettere in ognuna di esse un cucchiaio di ripieno, ricoprire e ritagliare i bordi. Vanno cotti 15 minuti circa a 200 gradi, se non è sufficiente si può continuare altri 15 minuti ma su un piano superiore del forno per evitare si colorino troppo (cosa che continueranno a fare anche una volta sfornati). Per concludere l’opera vanno spolverati con dello zucchero a velo vanigliato.
Il tentativo odierno è servito come riprova del fatto che non basta avere la ricetta giusta, ma occorre pazienza, perseveranza, esercizio e soprattutto ingredienti genuini. Nulla ci consentirà di tornare a quei tempi in cui si percorrevano chilometri a piedi per procurarsi i prodotti migliori, ma tramandando le ricchezze di cui sono colme le signore come Mafalda (che ha preferito dare voce e non volto alla sua storia) manterremo sempre vive le importanti tradizioni della nostra terra.