Rievocare un periodo storico delle tradizioni contadine è sempre un momento speciale perché permette, a chi non ha vissuto quei periodi, di provare le stesse emozioni.
Tra la fine di giugno e luglio i contadini si apprestavano a completare la cultura del grano, le spighe erano alte e ondeggiavano al vento e le famiglie organizzate in gruppi procedevano alla mietitura e poi alla trebbiatura.
Alla mietitura partecipavano tutti – uomini, donne, bambini e anziani – e ognuno aveva una mansione ben precisa: gli uomini si occupavano del taglio del grano, i bambini e le donne della raccolta di esso.
La mietitura doveva avvenire quando il chicco di frumento era completamente fatto, ma non del tutto maturo, diversamente sarebbe fuoriuscito dalla spiga durante le operazioni di mietitura e di trasporto.
Sebbene il lavoro fosse faticosissimo, i canti delle donne si fondevano con quelli provenienti da altri poderi vicini, era gioioso e prevaleva sulla fatica della mietitura.
La meccanizzazione ed il progresso, che ha visto l’utilizzo della macchine, hanno stravolto ed anche cancellato alcuni cicli lavorativi della trebbiatura.
Oggi, questa importante fase del ciclo lavorativo del grano, passa quasi inosservata. Una grande mietitrebbia, dotata di ogni confort, aria condizionata e sistemi di auto livellamento elettronici, arriva in un campo di grano e in poche ore il cereale è tutto mietuto, trebbiato e trasportato ai magazzini con una sola operazione e da lontano si sente solo il sibilo dei potenti motori.
Solo cinquant’anni fa, invece, la cosa non poteva passare inosservata: un bel giorno d’estate si sentiva in lontananza il classico battito di una Bubba o di un Landini, trattori a testa calda, poi soppiantati dagli OM con i ruggiti graffianti, che si avvicinava lentamente trainando una lunga carovana composta da trebbia, scala e poi presse imballatrici, che legavano le balle di paglia con il filo di ferro, prima mastodontiche poi sostituite da presse raccoglitrici dalle dimensioni molto più contenute.
Questa era la trebbiatura che, per decenni, nella civiltà contadina, ha rappresentato un’operazione che coinvolgeva moltissime persone, anche di famiglie diverse, che scambiavano volentieri la manovalanza in uno spirito collettivo di tradizione e collaborazione.
Il grano, una volta legato in covoni, veniva disposto in piccole ordinate cataste a raggiera chiamate biche (circa 18 covoni più uno di copertura) al fine di proteggere dalla pioggia le spighe. Se però la pioggia era tanta, bisognava rovesciare i covoni per farli asciugare e tale gravosa operazione implicava il disfacimento e la ricomposizione delle biche.
I carri erano trainati da buoi spazzolati, lucidati ed inghirlandati, ostentati dal contadino anche per la loro bellezza, e l’uso della frusta era più per scenografia che non per incitamento degli animali.
Così, come in un teatro, i covoni facevano ingresso nell’aia e venivano composti in cumuli a forma di grandi parallelepipedi o cilindri, con grandi spioventi. Si incominciava a trebbiare ad ore piccole e per parecchie ore si udiva anche in lontananza il battito frenetico del trattore (di solito un Landini a testa calda) e il rombo cupo della trebbiatrice, il polverone della pula sollevato (involucro del cereale che sarebbe diventato alimento per la vacche) e i pagliai che pian piano crescevano in altezza si potevano vedere a grande distanza.
Era ben difficile che un tale frastuono e movimento lasciasse indifferenti e protagonista di questo evento è stata per tanti anni la “trebbiatrice”.
La mietitura e la trebbiatura del grano costituivano una vera festa, pur comportando un durissimo lavoro: rappresentavano il successo tangibile di un impegno lungo, difficile e faticoso, reso infine ancor più pesante dal caldo afoso.
Oggi che cosa è rimasto di tutto questo lavoro che ha scandito per anni le regole contadine? Ed è che, per ricordare la storia e le tradizioni del tempo, si ripropone la trebbiatura non più come un pesante lavoro, ma come una festa per tramandare storia e tradizioni dei nostri genitori.
La manifestazione organizzata per sabato 12 luglio 2025, dal Club Rotary Terra dei Vestini vuole tramandare ai giovani quanto ci hanno trasmesso i nostri genitori e i nostri nonni per fare in modo che possano riscoprire, conoscere e rivalutare le antiche tradizioni della nostra terra. Far rivivere il sapore antico dei lavori di una volta quando la mietitura e la trebbiatura erano momenti di festa e aggregazione e far loro conoscere una realtà con cui diversamente non potrebbero entrare in contatto.
L’incontro con soci e simpatizzanti si terrà presso il Convento di San Patrignano in Collecorvino alle ore 18:00 di sabato 12 luglio
Relatori saranno:
- Leonardo Seghetti, tra i maggiori esperti italiani di chimica agraria e agroalimentare, autorità riconosciuta nel campo della viticoltura e dell’olivicoltura nonché competente conoscitore di farine; ed il caro socio
- Gianluigi Peduzzi proprietario, insieme alla sorella Stefania, e presidente dell’azienda pastaia “Rustichella d’Abruzzo”, rinomata a livello internazionale e tuttora in forte espansione.
La serata continuerà per i soci e ospiti presso il Casale Di Giovacchino per gustare una tipica cena a base di bucatini conditi con sugo di papera, papera al forno il tutto accompagnato dal vino aromatico e strutturato della pluripremiata Cantina Lampato, di Contrada Collalto in Castellana di Pianella.